da Genova
Piero Fassino non lo si era mai visto così spesso da queste parti. Due volte in due mesi e con lo sguardo più preoccupato del solito. Perché è alle primarie di Genova, oltre che a quelle di Palermo, che lUnione guarda per misurare quanto le ultime vicende, dallAfghanistan al decreto Bersani al caso Vicenza, abbiano influito su compattezza della coalizione e tenuta del governo. Il pressing è tale che persino un burocrate di partito come il presidente della Regione Claudio Burlando sè spazientito: «Sono preoccupati? Cerchino di recuperare consensi sulla Finanziaria».
La prima visita sotto la Lanterna il leader dei Ds la fece a dicembre per strigliare i suoi, che la smettessero con la guerra fratricida sul candidato sindaco: lUlivo deve scegliere il nome in grado non di vincere, ma di stravincere, perché «quello di Genova è test nazionale». La seconda visita Fassino lha fatta laltro giorno, a poche ore dalla competizione. Per dire che no, «le amministrative non sono un test nazionale», nel tentativo di smentire Silvio Berlusconi che proprio da qui ha avviato la campagna elettorale per dare la spallata al governo. E per chiamare tutti i militanti a votare e a votare il nome giusto, soprattutto.
Perché a Genova oggi va in scena una commedia da «Lui, lei e laltro», solo che non fa ridere. «Lei» è Marta Vincenzi, per autodefinizione «SuperMarta», eurodeputata Ds da 150mila voti, candidata ufficiale dellUlivo che però gran parte dellUlivo malsopporta, non fossaltro perché sè presentata annunciando: «Io rappresento la discontinuità con il sindaco uscente Giuseppe Pericu». «Lui» è Edoardo Sanguineti, per autodefinizione «intellettuale proletario», poeta e professore, candidato di Unione a Sinistra, Prc e Pdci, che ama dire cose di sinistra, dalla necessità di «ripristinare lodio di classe» a quelluscita infelice, lui dice incompresa, sui ragazzi massacrati a Tienanmen: «Dei poveretti che sognavano la Coca-Cola».
E fin qui. Solo che poi cè «laltro». È Stefano Zara, per autodefinizione «piegatubi» perché onora lindustria e disdegna la finanza, ex presidente degli industriali, ex deputato della Margherita. Un paradosso quello di Zara, e non solo perché, da «cattolico praticante», ieri se nè uscito con un «sì ai Pacs, sono coerenti col Vangelo». Lui è a un tempo ulivista convinto, fra i fondatori dellassociazione per il partito democratico, e spina nel fianco dellUlivo. È sul suo nome che le primarie rischiano di diventare un boomerang. Era stato Riccardo Garrone il petroliere a insistere affinché si candidasse, senza far mistero del perché: «Bisogna contrastare Vincenzi». Da allora è caos. Il sindaco Pericu ha dichiarato pubblicamente il proprio sostegno «allamico Stefano», in buona compagnia di altri esponenti di spicco del partito, Carlo Rognoni il consigliere amministrazione Rai tanto per citarne uno. Vincenzi ha iniziato a fare il diavolo a quattro, prima accusando i poteri forti della città di volerla boicottare, poi paventando che «alle primarie verranno a votare contro di me anche infiltrati che nulla hanno a che fare con lUlivo», quindi tentando di togliersi di dosso il marchio di candidata dei partiti. Il dibattito sè incendiato, Burlando a far notare che «a Genova i poteri forti non esistono, non siamo a Milano», Zara a segnalare che «le idee sugli infiltrati sono da vento dellEst, gli elettori non sono buoi», Pericu a chiedere ai partiti di fare un passo indietro «affinché queste siano primarie vere e non una turlupinatura degli elettori», i partiti a indignarsi: «Se non possiamo neanche selezionare la classe dirigente allora chiudiamo». Insomma tutti contro tutti.
Risultato: i genovesi paiono stanchi più che appassionati, a sentire Fassino tre giorni fa non si contavano più di 400 persone. E lUnione da giorni fa assillanti appelli al voto, per scongiurare il rischio che i 72 seggi allestiti restino vuoti e le 60mila schede stampate intonse. Ogni mezzo è lecito. Vincenzi manda rime col cellulare: «Se la scelta del sindaco volete determinare alle primarie dovete andare», firmato «la sindaco».
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