Genova la rossa volta le spalle alla Sinistra

Poche decine di persone al comizio del leader Prc Giordano nella piazza storica delle lotte operaie. Assenti anche i dirigenti del partito

da Genova

Per capirci, è la stessa piazza Baracca di Sestri Ponente dove, esattamente di fronte al monumento dove Franco Giordano fa il suo comizio, lo scorso anno Silvio Berlusconi fu contestato da qualche decina di militanti di sinistra che gli impedirono di parlare. Ma, per capirci, sono anche la stessa piazza e la stessa via dove migliaia di persone aspettavano Berlusconi.
Per capirci, è la piazza più rossa di Genova, probabilmente la più rossa d’Italia. Con la bacheca dell’Unità da un lato, il palazzo con la sede dell’Anpi dall’altro, il monumento ai partigiani al centro e i richiami all’antifascismo in ogni centimetro e in ogni mattonella.
Per capirci, qui il Pci prima e i suoi eredi poi hanno preso sempre percentuali bulgare. E non è un facile luogo comune: sono proprio le stesse percentuali che prendevano in Bulgaria. Lo rivendica con orgoglio Aleandro Longhi, ex ferroviere e deputato ex ulivista oggi del Pdci che non sarà riconfermato, ma che è una specie di ras della zona, «il sindaco di Sestri», perfetto padrone di casa, che presenta il segretario di Rifondazione con una erre blesa perfettamente bertinottiana. Insomma, Longhi è la Sinistra Arcobaleno fatta persona: «Compagno Giordano, benvenuto nella piazza della Sestri operaia, della Sestri delle lotte in fabbrica, nella Sestri dove abbiamo sempre vinto, nella Sestri dove l’ultima grandissima manifestazione di piazza è stata il giorno che Berlusconi è venuto qui. E anche quella volta abbiamo vinto».
Per capirci, persino antropologicamente, questa piazza è rossa: c’è il signore con il colbacco in testa, quello con il fazzoletto pieno di falci e martelli al collo, il giornale più presente è Liberazione, la colonna sonora diffusa dagli altoparlanti prevede il canzoniere popolare delle lotte operaie; Bella ciao, sia pure nella versione dei Modena City Ramblers, Auschwitz e L’Internazionale. C’è Arcadio Nacini, pirotecnico consigliere comunale, che ha messo questa musica per scherzo anche negli altoparlanti del Comune durante la discussione sul bilancio.
Il problema è che, oggi - nonostante la sinistra giochi più che in casa e nonostante tutte le condizioni siano favorevoli (ventilazione inapprezzabile, tepore primaverile, migliaia e migliaia di persone nello struscio del pomeriggio in via Sestri) - la manifestazione «grandissima» con fans del leader azzurro e contestatori, è solo un lontano ricordo. Le liste della Sinistra Arcobaleno hanno lasciato morti e feriti: Sergio Olivieri, l’unico deputato operaio di Rifondazione, è in lista in una posizione ineleggibile, ma sale comunque sul palco («Io il mio dovere lo farò sempre»); il segretario regionale di Rifondazione Giacomo Conti, che ha avuto uno scambio pesantissimo con Giordano, contestando proprio l’esclusione di Olivieri, è in ferie; il capogruppo in Regione Marco Nesci passa, saluta e se ne va.
Ma le loro non sono le uniche assenze. È la piazza ad essere desolatamente semivuota. Alle 18, ora in cui dovrebbe iniziare il comizio del leader rifondatore, ci saranno al massimo cinquanta persone davanti al monumento-palco. Il problema è che sono quasi tutti quadri di partito, anzi dei quattro partiti della Sinistra Arcobaleno. I cinquanta comprendono: assessori e consiglieri di ogni ordine e grado e qui le giunte sono tutte di centrosinistra; gli onnipresenti coniugi Giuliani; i candidati che hanno reali possibilità di essere eletti, Cristina Morelli dei Verdi e Stefano Quaranta di Sinistra democratica; il «compagno Meloni, no Milone», cassaintegrato delle acciaierie Ilva, messo prima del segretario quasi a dire che non è vero che gli operai sono stati cancellati. La battuta più bella della serata è: «Ci conosciamo tutti, potremmo fare l’appello».
Giordano se ne rende conto. E fa il comizio della vita. In cui il nemico evocato lontanamente è Berlusconi; quello richiamato spesso sono «il capitalismo attuale», «le destre», «l’imprenditoria», «la rendita finanziaria», «lorsignori» e «il padronato»; quello vero, concreto, citato in continuazione, sono il Partito democratico e il «caro Walter» a cui Giordano butta addosso di tutto da «caro Walter, il conflitto di classe esiste ancora» a «caro Walter, il lavoro non è equiparabile all’impresa», fino a «caro Walter, non ci toglierai la possibilità di costruire una società più giusta».
Proprio nel giorno in cui il suo padre politico e gemello diverso Fausto Bertinotti dà a Veltroni del democristiano («ha la vocazione a recuperare il ruolo della Dc, facendo una politica di centro»), negli occhi, nella voce, nella mimica di Giordano si legge la paura di vedersi cancellato dal Pd e dalla polemica sul voto utile. Il segretario di Rifondazione è rosso in viso, urla, quasi piange. Con un calore e una passione che fanno capire che per Giordano e i suoi è la battaglia della vita. Nel senso anche della sopravvivenza: «È una campagna difficilissima, la posta in gioco è altissima. Il Pdl e purtroppo anche il Pd vogliono cancellare la sinistra da questo Paese e il rischio è grande e forte».
Le poche decine di piazza Baracca applaudono preoccupati.

Agostino Gianelli, presidente rifondatore del municipio Alta Valbisagno, un quartiere di Genova, conta gli iscritti a un incontro in programma al circolo Bianchini: sono quasi un centinaio. Stasera batte il suo segretario.

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