Genova si tinge per tre volte di giallo

Il giallo è una lettura di genere ma di successo: nel nostro mondo prevaricatore e maleducato anche la persona più mite riesce a sognarsi come una signora omicidi. Nel caso di «Serial al giallo genovese» di Antonio Caron (Liberodiscrivere edizioni) c'è di più, c'è da imparare e da riflettere sul «sottobosco cittadino». Protagonista è la nostra città. Genova risalta in modo piacevole con i nomi di vie e piazze, piazzetta Nettuno di Boccadasse, il Porto Antico «luogo ideale per accantonare dubbi e preoccupazioni», con modi di pensare alla genovese come «da noi la proprietà immobiliare conta più di tante virtù»... C'è l'odor di pesce caratteristico di tante case e quello dell'impermeabile del capo della Mobile, il vice-questore aggiunto Massimo Argentieri, protagonista dei tre racconti che quando entra nel suo ufficio odora ancora di vento. C'è il mare che flagella la scogliera sotto Villa Pittosfori a Bogliasco, «spettacolo impressionante perfino un po’ pauroso, perché il mare grosso un conto è vederlo da una spiaggia, altra cosa dall'alto di un anfiteatro scavato nella roccia». È proprio Genova, la nostra grande Genova della quotidianità.
Mentre assistiamo ai tentativi governativi di regolamentare l'immigrazione, risvolti inquietanti dei tre racconti, in cui le vittime sono straniere, due poveri (un'ucraina, un marocchino) e un'ebrea tedesca con alle spalle l'Olocausto e una mega-eredità, ci fanno riflettere sull'oggi genovese.
Dal libro, alcuni esempi. Argentieri per un'indagine sul racket di ragazze dall'Est con emissari a Genova, si reca a Milano in via Benedetto Marcello dove all'ora di pranzo della domenica si svolge un vero mercato del lavoro. Sono pensionati soli sono alla ricerca di colf o badanti che qui sostano e fanno quasi picnic. Sente una richiesta: «Che cosa sei disposta a fare con mille euro?». Perché lì «si trattano anche gli extra, retribuzioni raddoppiate nel caso di prestazioni particolari, il che per alcune badanti è motivo di scandalo e per altre un'opportunità. Più soldi alla fine del mese significa anticipare il rientro in patria».
Nel terzo racconto, tra le storie marginali una ragazza con il cancro che il padre aiuta a procurarsi cannabis come antidolorifico. La pagina 157 è un piccolo manuale sul suo impiego terapeutico, ma dietro c'è il traffico dello stupefacente dal Marocco, da un padre coltivatore per aiutare il figlio malato di Tbc a farsi curare da noi, un Eden per loro. Quindi, a Genova, un Ambulatorio medico per clandestini dove si curano casi di lebbra e Tbc ossea, malattie da noi scomparse, ma ora in ripresa perché contagiose assai.

I farmaci arrivano da donazioni e qualche volta i medici le mettono di tasca loro: nel libro al mondo oscuro del male si contrappone un nostro mondo occidentale della solidarietà.
Per chi recensisce trama e assassino sono top secret, però un consiglio: «Non aprire la porta agli sconosciuti».

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