Genova, un voto per abitudine

Genova, un voto per abitudine

(...) perché non voleva «dare scandalo con i vicini», che comunque quotidianamente erano costretti a sentire le loro liti. Questo atteggiamento mi ricorda la Genova degli ultimi 30 anni che non vuole «divorziare» dalla sinistra per non dare scandalo.
Se la città si appassiva perdendo popolazione e posti di lavoro, al più si mugugnava, ma si votava per abitudine sempre dalla stessa parte. E quella parte ha confuso una certa riservatezza e paura al cambiamento, caratteristica delle persone anziane, come Diritto Divino a governare per sempre. Senza dover rendere conto a nessuno e senza alcun timore di perdere il Potere. E senza sentire la necessità di creare una classe politica di buonsenso ed adeguata ai tempi. Per questo la sinistra nostrana non potrà mai esprimere un Chiamparino o un Cacciari, ma solo dei Burlando e dei Vincenzi a cui seguono una pletora di mediocri yesman. È la competizione e la necessità che, in natura come in politica, sviluppa l'ingegno: in assenza di stimoli esiste solo l'inettitudine e la decadenza. Quando mi capita di parlare con persone che vivono in altre città, a prescindere dalla loro appartenenza politica, trovo molto stupore quando racconto di cosa sono capaci di fare i post-comunisti con aggiunta dei margheritini e della sinistra radicale. La reazione è tra l'incredulo e il diffidente, che sottintende: «sei un loro avversario pertanto esageri...».
Eppure è vero il contrario cerco di essere il più obiettivo possibile. Ma è difficile spiegare che di fronte all'emergenza abitativa di oltre 4.000 famiglie letteralmente in mezzo alla strada l'unica soluzione prevista dalla maggioranza è «riaprire il tavolo di confronto con Provincia e Regione». Che sulla Gronda l'unica cosa da fare è assumere consulenti ed esperti di «dibattito pubblico». Che per controllare gli sperperi delle società controllate (Amt, Aster, ecc.) si deve instituire un nuovo carrozzone chiamato authority. Che per dare un futuro alle nuove generazioni si devono chiudere le poche imprese rimaste coraggiosamente nella nostra città. Che per rilanciare Corso Italia ci costruiscono nei pressi il mercato generale del pesce.
Chiamparino, Filippo Penati o Fassino non arriverebbero mai a queste «perle di saggezza politica». Forse questo è un male anche per il Centro-Destra che, in assenza di progetti concreti, non riesce a svolgere un ruolo propositivo di opposizione. Ma sicuramente è un male per il futuro della nostra Città.

Di qui la necessità di infondere tutte le energie e tutte le forze per mandarli a casa il prima possibile. Per evitare che facciano altri danni. Per salvare la nostra Città, la nostra Regione, la nostra Terra.
Consigliere Comunale P.d.L.

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