ALL'HOTEL BRISTOL Il leader ligure accusa: «Pdl? Una leadercrazia non un partito vero»

La parola d'ordine è unità. Evitare spacchettamenti, divisioni interne, ritornare al dibattito per formulare proposte concrete utili a risolvere i problemi. Perché l'Italia non è un Paese di centrosinistra e le elezioni si possono ancora vincere, eccome. Le primarie? Solo un sintomo di debolezza dei partiti. Hotel Bristol, ieri mattina. L'incontro sul «Futuro del centrodestra» è organizzato della Fondazione della Libertà di cui è presidente il senatore Altero Matteoli. Con lui ci sono Eugenio Minasso e Giuseppe Rotunno a rimarcare la linea dell'unità. Poi dalla prima fila della sala - piena di pubblico - prende la parola Michele Scandroglio, coordinatore regionale pdl, spariglia le carte e cambia i toni del discorso. Parte dall'esigenza di rinnovamento, e attacca. «C'è anche una questione morale. Sento parlare di liste pulite. Ma noi siamo un partito che si deve porre questo problema e ci vuole una legge su questo? Ma che c.... di partito è, vuol dire che non siamo capaci di fare selezione nella classe dirigente. Mi auguro che il nuovo che nascerà, dica queste cose altrimenti dal 15% passiamo al 9%». Bisogna chiedere scusa agli elettori: se stanno scegliendo l'astensionismo, vuol dire che qualcosa il Pdl non l'ha saputo fare. «Ma lo sento fare molto poco - incalza Scandroglio -. Il governo dei poteri era molto più importante dell'incontro con la gente. Risultato: ti abbandonano. I partiti devono fare sintesi: ma noi non abbiamo un partito vero, ma una leadercrazia».

Carismatica, però sono passati 20 anni e oggi si deve dimostrare di essere capaci di sopravvivere alla crisi di persone e di idee. Le primarie erano un'ottima occasione. «Io sono nato democrisitano e vorrei morire nel centrodestra», conclude Scandroglio e la platea applaude. GG

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