Azzeriamo tutti i vertici e si ricominci dal popolo del teatro della Gioventù

Azzeriamo tutti i vertici e si ricominci dal popolo del teatro della Gioventù

(...) in particolare un’intervista che gli feci, accompagnato da Roberto Bagnasco, consigliere regionale Pdl, ma soprattutto persona perbene e grande amico di Cantoni, oltre che mio: mi parlò delle potenzialità della Regione, dell’opportunità di costruire qualcosa per Fincantieri senza arroccarsi su posizioni di retroguardia, sulla stessa linea della politica dell’amministratore delegato Giuseppe Bono, ma anche del suo amore per le piante e per i fiori del giardino rapallese. Ne uscii convinto di aver parlato con un vero signore e soprattutto con uno che era in politica per dare e non per prendere. Dovrebbe essere naturale, ma purtroppo non è naturale.
Detto questo da Cantoni, dai Cantoni con la c maiuscola e non dai giochi dei quattro cantoni applicati alla politica, occorre ripartire. Dalle persone perbene, da chi ha l’entusiasmo degli inizi, di quando Forza Italia e la sua rivoluzione liberale ci fecero sognare, da chi vuole costruire qualcosa.
E, a scanso di equivoci, dico subito che sono fra quelli che ringraziano Pierluigi Vinai per la sua campagna elettorale, davvero bella e positiva. Nonostante l’eccesso di savonesi nello staff - uno di Albisola e uno di Loano, per bravi che siano, cosa ne sanno della realtà genovese? - e l’eccesso di salamelecchi per Scajola, nei confronti del quale apprezzo invece la gratitudine da parte di coloro che ne sono stati beneficiati. Non mi piacciono invece i calci dell’asino. Non ha perso Vinai, ha perso la coalizione. E ancora grazie a Vinai che ci ha messo la faccia.
A Genova il Pdl non esiste più e anche in Liguria se la passa malissimo, tanto che occorre festeggiare come una vittoria i ballottaggi di Chiavari e Rapallo, che vittoria non sono. Persino Silvio Berlusconi, in un momento in cui si è ricordato di essere Silvio Berlusconi, ha lamentato con i suoi collaboratori il risultato devastante del 9,2 per cento a Genova. Quando, soli cinque anni fa, separati, Forza Italia, An e Lista Biasotti superavano abbondantemente il 36 per cento.
Ecco, di fronte a risultati simili, al disastro genovese, alla batosta della Spezia, alla disfatta savonese e alle ripetute sconfitte imperiesi, credo che occorrano dei segnali. E, in politica, i segnali si chiamano dimissioni. Non mi importa delle cause: è chiaro che un vicecoordinatore eletto da due mesi non è il colpevole unico di un risultato simile, ma un colpo di spugna su tutta una classe dirigente è assolutamente necessario. Ma possibile che non abbiano la dignità, da un lato di ammettere la sconfitta e di fare autocritica, e dall’altro di dimettersi in massa e andare a casa?
In giro ci sono solo macerie. E sulle macerie non si costruisce nulla. Occorre finire di demolire, dalle fondamenta, e poi ricostruire. Bisogna dimenticarsi cariche, nomi e simboli. Certamente, quello del Pdl, così com’è oggi, non è un acronimo, nè un marchio minimamente spendibile come nuovo. Bisogna ripartire, soprattutto, dalla base. L’ho scritto a caldo, mentre dalle urne usciva il suicidio dei moderati, e lo riscrivo ora dopo averci ragionato: occorre ripartire dal teatro della Gioventù (e da Savignone, da Alassio e dalla Spezia), da quella gente, da quel popolo. Stavolta, non solo per dire che Monti deve andarsene a casa - quando accadrà sarà sempre troppo tardi per il deficit di legittimità che sta alla base di questo governo - ma anche per dire che occorre mandare a casa tutta una classe dirigente che ha perso. E ha perso male, non le elezioni, ma la fiducia che le avevamo dato.
La squadra sarà quella di sempre: Matteo Rosso, Gianni Plinio, Marco Melgrati, ma - se le adesioni andranno di pari passo con il ritmo in cui mi squilla il telefono per dire queste cose, uno su tutti Claudio Eva - saremo davvero in tanti.
Certo, avevamo detto tutto prima, ma non è una consolazione.

Qui al Giornale futuro entra in noi molto prima che accada. È una citazione di Rainer Maria Rilke, ma non si può pretendere che l’abbia letto chi era troppo impegnato a leggersi i regolamenti congressuali per i vicecoordinatori.

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