Burlando «punta» su Rodotà e subito si sceglie Napolitano

(...) A partire dal pressing su Beppe Grillo perché accettasse di fare il governo con Bersani. Appello svanito tra le pernacchie del comico genovese. Subito dopo c'è stato l'innamoramento del governatore per Matteo Renzi, culminato con l'appuntamento di Palazzo Ducale. Poi, caduto in disgrazia all'intero del Pd anche il sindaco di Firenze, Burlando ha puntato forte su Fabrizio Barca per la guida futura del partito. Infine è stata la volta della scelta per il Quirinale. Qui Burlando, dopo aver guidato la rivolta anti Marini che ha dilaniato il Pd, ha rivendicato la primogenitura della candidatura di Romano Prodi. E si è visto come è andata a finire. Ieri mattina un suo comunicato stampa era nettissimo: «Noi dobbiamo dare il nostro contributo perché l'Italia abbia al più presto un presidente. Quella di Rodotà è una scelta di alto profilo istituzionale e esclude ogni ipotesi di governo con il PdL». Detto, fatto. L'idea Rodotà era praticamente già tramontata, tanto che tutti i maggiori partiti, Burlando compreso, sono partiti in missione per chiedere a Napolitano di restare.
Entrando dal presidente, Burlando aveva già cambiato idea. Viva Napolitano.
«Mi sembra che se tutti convergiamo su questa ipotesi significa che sia a questo punto la scelta migliore».
Visti i risultati precedenti, vuole bruciare anche lui?
«Se volete essere cattivi, fate pure. Non posso certo io a dire cosa scrivere e cosa no».
L'idea Rodotà è durata qualche minuto?
«Come persona era effettivamente l'ideale per far convergere i voti, ma era anche palese che non avrebbe avuto i numeri».
Lei è stato contrario a Marini e favorevole a Prodi. Ma il primo ha raccolto molti più voti del suo campione.
«Però va detto che Marini partiva da una base di 700/800 voti possibile, molti più di quelli di cui disponeva Prodi. In proporzione ne ha persi di più».
Tutti problemi del Pd?
«Ah, sicuramente sì».
Così non se ne esce, bisognerebbe forzare la Costituzione e sciogliere comunque le Camere?
«La rielezione di Napolitano azzera il semestre bianco e tutto è di nuovo possibile».
Quindi, Napolitano ancora presidente, Camere sciolte, si rielegge il Parlamento e lui si dimette?
«Questa è una cosa che non si può dire, non la può dire. Non si stabilisce prima».
Come dire che l'importante è non farlo sapere ma questo è l'accordo?
«Noi governatori abbiamo chiesto al presidente Napolitano di consentire a una deroga. Se poi possa essere solo di sei mesi o di più, lo vedremo. Lo abbiamo visto molto preoccupato per il Paese».
Parole, queste ultime, pronunciate all'uscita dalla missione al Colle. Cioè dopo che Napolitano aveva concesso la propria disponibilità «per senso di responsabilità». E quindi alla luce di tutto quello che si erano davvero detti i protagonisti dell'ennesima trattativa. Se non dovesse essere previsto l'accordo per le dimissioni ravvicinate di Napolitano, resterebbe comunque la certezza che il Capo dello Stato spingerebbe comunque per imporre un accordo tra centrodestra e centrosinistra. Cioè, ancora una volta, il contrario di quanto ha sempre sostenuto Burlando.

Che persino sulla candidatura Napolitano ha registrato l'ennesimo fallimento delle sue «intuizioni», visto che proprio il «suo» Fabrizio Barca è stato l'unico a tuonare contro la rielezione dell'attuale presidente: «Incomprensibile che il Pd non appoggi Stefano Rodotà o non proponga Emma Bonino», è stato il suo tweet immediato. Insistono per Rodotà anche Maurizio Landini e Sergio Cofferati, così come i «Gioovani Democratici» della Liguria, sdegnati per come è stato trombato Prodi, puntavano su Rodotà. Anche in Liguria il Pd è a pezzi.

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