La carrozzeria più vecchia della città abbassa la serranda

«A quel tempo, le automobili che arrivavano in carrozzeria si riverniciavano all'aperto. E la vernice, in nitrocellulosa, dopo sette, otto mesi aveva già cambiato colore. La faccenda non mi andava bene per niente: ecco perché sono andato in Germania, e mi sono comprato il forno di verniciatura. Io, primo carrozziere in Italia ad averne uno così...». Inizio anni Sessanta: il genovese Fabio Costa lavora da un bel pezzo - ha cominciato a 13 anni, subito e per sempre carrozziere -, ha già una certa esperienza, ma soprattutto un carattere deciso, orientato alla continua ricerca del nuovo, del più perfezionato, del procedimento all'avanguardia. È in azienda - in via Balleydier, a Sampierdarena, che resterà da lì in avanti il suo regno - praticamente tutti i santi giorni dell'anno, e sacrifica le ferie per frequentare corsi di formazione in Italia e all'estero, in casa Porsche e Mercedes. Fa «scontare» qualcosa alla moglie, alla famiglia cui pure è legatissimo, ma loro comprendono e lo assecondano.
Fabio scopre - non per caso, ma perché l'ha cercata con impegno - la tecnologia tedesca, va in giro per le aziende, scruta, s'informa, fa i confronti. Poi, in un amen, decide: «Voglio quello!». Una scommessa? No, una sfida ragionata. Che costa, in termini di fatica e denaro, ma rende. È ancora lui a spiegare: «Con quel forno, con quella che allora era una modernissima tecnologia, non si lucidava più. Un risparmio fondamentale di olio di gomito...». Soddisfatto, appagato? Neanche per sogno: Costa si mette in testa un'altra «missione impossibile» (per gli altri...). E va in Francia, a dotarsi del banco di controllo della scocca. Anche quello non ce l'ha ancora nessuno: «Mi arrivavano delle macchine in brutte condizioni - sottolinea -, non si poteva garantire l'assenza di danni al telaio. Si metteva a posto la carrozzeria, ma dopo un po' quel poveraccio al volante volava fuori strada. Mica me la volevo mettere, una camicia così!». La sicurezza, innanzi tutto: una manìa, una fissazione per Costa, che vuole essere bravo per sé e per gli altri, assicurare un lavoro perfetto dal punto di vista estetico e funzionale.
Anni Settanta, l'azienda cresce, assume collaboratori, «Carrozzeria Costa» diventa un nome, le grandi società costruttrici di automobili si fanno avanti, gli offrono di diventare affiliato, concessionario, insomma: di legarsi a loro. «Manco per idea! - replica lui -. Voglio restare libero, senza condizionamenti». Sarà una «filosofia» adottata per sempre: non per presunzione, ma per voglia di restare fedele al principio della qualità senza scorciatoie. «Il rischio - dichiara Costa - è che, prima o poi, qualcuno ti imponga, che so?, un ricambio scadente, un prezzo fuori mercato, pur di catturare il cliente. Ma sarebbe come tradire quello che ho sempre fatto. Mai». Che ci sia anche questo alla base della scelta, oggi, di «chiamarsi fuori»? In realtà Fabio Costa è un satanasso che non si ferma mai, anche ora che ha deciso di passare la mano in carrozzeria: continua a impegnarsi, a dare consigli, lui che è stato il fondatore dell'Associazione carrozzieri a livello nazionale, lui che si è battuto a fondo - non sempre condiviso - per i diritti della categoria, anche nel corso dell'esperienza politica e amministrativa (è stato capogruppo in Municipio, e popolarissimo animatore di comitati in difesa delle imprese di Sampierdarena).
Tornano a farsi strada i ricordi. Bellissimi: «Avevo già ottenuto tanto - ammette Costa -, ma volevo chiudere il cerchio della qualità. E allora, nel 1978, mi sono dotato del tintometro. Una rivoluzione! L'ho scoperto in Australia, dove ero andato per fare ulteriore esperienza, ma ho finito per restarci un anno, a Perth. Esperienza formidabile, nelle fabbriche di colori. Io e i miei collaboratori - aggiunge - collaboravamo con l'università, facevamo ricerca. Abbiamo scoperto, ad esempio, che in quel continente, le vernici, i colori dovevano essere adatti a sopportare raggi ultravioletti cinque volte più aggressivi di quelli che arrivano qui da noi». Tanti vorrebbero che Costa restasse lì per sempre, ma l'amore per la famiglia lo richiama in Italia, dove riprende in mano la carrozzeria che aveva lasciato ad altri («ed era sul punto di andare a ramengo»). Da lì, un'affermazione imprenditoriale costante. Fino ai giorni nostri, quando qualcosa s'incrina: «Non nella mia volontà di lavorare - specifica Costa - ma nello scenario politico e sociale che mi circonda. Pare che ormai si preferisca livellare in basso, mortificando la professionalità e il guadagno». Meglio lasciare, senza rimpianti: «Io resto fedele al mio modo di pensare, non sarei capace di rifugiarmi nei compromessi - conclude -.

È arrivato il momento di gustare appieno gli affetti familiari, la mia nipotina. E poi ci esce anche qualche viaggio, magari all'estero...». Per dare un'occhiata, scommettiamo?, anche a qualche altra avanguardia tecnologica, diavolo di un Fabio Costa!

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