Uno, dieci, centomila a manifestare per dire «No alla mafia». Facce pulite. Né di destra, né di sinistra. Moderati per l'onestà, l'ordine e la legalità. Tantissimi scout, ragazzini delle medie e dei licei. Mamme e papà con i bambini in carrozzina. Gli stendardi di molti Comuni, da Sud a Nord. Un sudario di bandiere gialle e rosa di «Libera» che si è srotolato da piazza della Vittoria al Mandraccio. Non una scritta volgare e violenta. Non un muro o vetrina imbrattati da scritte con la vernice rossa. Genova Capitale ieri mattina ha unito l'Italia contro mafia, camorra, 'ndrangheta e Sacra Corona Unita. E contro la corruzione nella malapolitica, collusa e connivente con i clan criminali, infiltrati pure in Liguria. Uniti per pregare con don Luigi Ciotti e ricordare, insieme ai famigliari delle vittime della mafia, quelle altre 824 facce pulite stampate sui manifesti.
Uno, dieci, un centinaio, i guastafeste «rasta» con l'anello al naso e all'orecchio, la bandiera dei No Tav in mano, intorno al carro degli anarchici dei centri sociali (quella dei No Gronda genovesi però non c'era). In coda al corteo, i pesci fuor d'acqua hanno sbraitato e fatto tanto che sono riusciti a fare qualcosa di violento, strappando pure i manifesti elettorali di Roberto Maroni e del candidato sindaco Edoardo Rixi (Lega Nord). Ovvero in un corteo dei No mafia hanno «intelligentemente» protestato contro quellex ministro degli Interni, che nella storia della Repubblica ha fatto di più contro la mafia, facendo arrestare centinaia di mafiosi. «Dispiace che la sensibilità di alcune persone, per fortuna pochissime - spiega Rixi - non sia tanto indirizzata verso la lotta contro la mafia, quanto alla strumentalizzazione politica di temi che dovrebbero vederci tutti uniti».
Uno, dieci, una ventina, i «cretinetti» dei centri sociali, che a metà corteo, sopra via Quadrio, al posto delle bandiere di «Libera» hanno srotolato i soliti striscioni, buoni per i cortei violenti, come al G8, ma senza senso per un grande corteo del tutto pulito e pacifico. Come non se ne vedevano da anni. Almeno da quando Genova non scese in piazza contro gli assassini comunisti delle Brigate Rosse: «Una manifestazione bellissima - ha ammesso il governatore Claudio Burlando - Mi chiedo da quanto tempo non si vedeva così tanta gente, forse dai funerali di Guido Rossa». Ieri quel corteo non si è confuso, ma ha ignorato e talvolta protestato anche contro la mancanza di rispetto dei No global, No Tav, No legalità, No leggi e dei loro striscioni: «Luca Abbà quasi ucciso dalla vostra legalità assassina» «Libera-rsi dallo Stato e dalle leggi» «Nelle strade nelle galere di legalità si muore». A spiegare perché sono stati «cretinetti», come è stato sciocco il No Tav del traliccio Enel in Val di Susa, è stato un gruppo di famigliari di vittime della mafia. «I nostri cari sono morti davvero - dicono, anche a nome degli altri, due ragazze provenienti dalla Puglia - Luca Abbà quasi ucciso è un'offesa ai morti di mafia. È lui stesso che si è quasi ucciso da solo. Non possono venirci a dire che la legalità è assassina. Quella gente lì ci offende e non c'entra niente con la nostra manifestazione».
Uno, dieci... e basta, arrivati a due passi da Caricamento non hanno ancora capito che anarchia e violenza non fanno rima con democrazia e legalità. Urlacchiano intorno al carro dei centri sociali: «Genova non scorda. Carlo è vivo. Le nostre idee non moriranno mai». C'è chi scuote la testa. Chi ignora nuovamente. Chi sbotta: «Giuliani non è una vittima della mafia, ma della sua stessa violenza. Spiace dirlo. Purtroppo in quel tragico momento era violento come lo erano tanti altri manifestanti. Il carabiniere si era legittimamente difeso per salvarsi la vita.
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