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La polizia, i testimoni e le due versioni. Come è morto Dj Godzi?

Michele Luca Noschese, in arte deejay Godzi, è morto lo scorso luglio a Ibiza dopo un intervento della Guardia Civil nella sua abitazione. La procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio preterintenzionale

Michele Luca Noschese, in arte Dj Godzi. (foto per gentile concessione di Giuseppe Noschese)
Michele Luca Noschese, in arte Dj Godzi. (foto per gentile concessione di Giuseppe Noschese)

"Io, mia moglie Daniela ed il nostro secondogenito Gianmarco non cerchiamo vendetta. Sono un medico ed un padre. Cerco la verità". Lo dice a Il Giornale Giuseppe Noschese, il papà di Michele Luca Noschese, in arte Dj Godzi, il 36enne napoletano morto a Ibiza lo scorso 19 luglio, dopo un intervento della Guardia Civil (la polizia spagnola) nella sua abitazione a Roca Llisa, una zona residenziale dell’isola, per presunti schiamazzi.

Secondo le autorità locali, il giovane sarebbe stato "sotto l’effetto di sostanze stupefacenti", avrebbe opposto resistenza agli agenti e tentato di aggredire un vicino di casa. Il decesso, avvenuto nell’imminenza del fatto, sarebbe da ricondurre a un arresto cardiocircolatorio. O almeno questo è quanto emerge dall’esito dell’autopsia eseguita in Spagna, esame che peraltro ha escluso la presenza di lesioni sulla salma compatibili con l’ipotesi di eventuali percosse. Ma sulla vicenda esiste anche un’altra versione, ovvero quella di alcuni testimoni che si trovano nell’appartamento del deejay la mattina del tragico evento. Questi ultimi hanno riferito agli investigatori che Noschese sarebbe stato ammanettato mani e piedi dai poliziotti e poi colpito al corpo.

La procura di Roma ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di omicidio preterintenzionale e ordinato nuovi accertamenti medico legali, tra cui l’esame tossicologico. L’esito degli accertamenti dovrebbe essere disponibile nei prossimi giorni.

Michele Luca Noschese
Michele Luca Noschese, in arte Dj Godzi (foto per gentile concessione di Giuseppe Noschese)

Dottor Noschese, ci sono novità?

"Al momento la competenza ufficiale è in capo alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma che sta svolgendo le indagini e gli accertamenti dovuti. Io sto collaborando con piena fiducia nelle Istituzioni italiane, che ritengo imprescindibili per arrivare alla verità".

Facciamo un passo indietro e torniamo alla quella tragica mattinata di luglio. Quando e come ha saputo quello che era successo?

"Io ero in Svizzera e stavo per rientrare in Italia. Un amico di Michele Luca mi ha contattato e mi ha comunicato l’accaduto. È stato un momento devastante. Da lì è iniziato un percorso di domande, dubbi, evidenze che non combaciavano. E da quel momento il mio unico scopo è diventato la ricerca della verità”.

Cosa le hanno riferito le autorità spagnole?

"Le autorità spagnole – e nello specifico la Guardia Civil – hanno fornito una prima versione che definirei “preliminare”. Versione che, in più momenti, non è risultata coerente con altri elementi oggettivi. Per questo motivo abbiamo deciso di affidarci alla magistratura italiana, riponendo piena fiducia nel lavoro attento e scrupoloso della Procura di Roma".

Gli accertamenti medico legali eseguiti in Spagna hanno stabilito che Michele Luca è morto per un arresto cardiaco, escludendo la presenza di fratture o traumi compatibili con l’ipotesi di percosse. Lei è un medico, peraltro esperto in traumatologia ed emergenza. Ha avuto modo di visionare i referti? Se sì, cosa ha dedotto?

"Sì, ho visionato una piccola parte del materiale clinico disponibile e, come medico che ha gestito centinaia di pazienti politraumatizzati, posso dire serenamente che quelle conclusioni non sono assolutive di nulla. Un arresto cardiaco è un “evento finale”, non la causa. In medicina legale non basta dire “arresto cardiaco”. Bisogna capire perché. Ed è esattamente ciò che farà la magistratura italiana con l’autopsia ripetuta, gli approfondimenti e le indagini in corso".

Secondo la polizia spagnola, Michele Luca sarebbe stato "sotto effetto di sostanze stupefacenti" e "in preda ad allucinazioni". Suo figlio faceva uso di sostanze?

"Michele Luca era un ragazzo sano, sportivo, atleta, seguiva diete equilibrate. Chi lo conosce lo sa. E soprattutto era alla vigilia del suo futuro più grande: aveva un’agenda di produzioni e contratti internazionali. Io non ho mai avuto evidenze che facesse uso di sostanze. E qualsiasi affermazione in tal senso dovrà essere provata scientificamente, pur essendo plausibile. Detto questo, pur non condividendo assolutamente questa eventualità, io non posso escludere che mio figlio, in quella specifica occasione, possa aver assunto qualcosa. È estate, sono vacanze, siamo ad Ibiza, non a Lourdes o a Medjugorje: può capitare. E le autorità spagnole conoscono perfettamente cosa accade sull’isola, visto che ad agosto di quest’anno è stato arrestato l’ispettore Faustino Nogales, ex capo dell’Unità Narcotici della Polizia Nazionale delle Isole Baleari, insieme ad altri, con l’accusa di collaborazione al traffico di droga".

Alcuni testimoni hanno raccontato che Michele Luca sarebbe stato bloccato dai poliziotti, ammanettato a mani e piedi e poi colpito. Ritiene plausibile questa versione? Se sì, per quale motivo?

"La dinamica di intervento descritta dai testimoni e riportata dai media è una dinamica violenta, sproporzionata e incompatibile con la gestione medica di una persona in difficoltà. Io non posso anticipare valutazioni investigative, ma posso dire questo: se tutto è stato fatto correttamente, allora nessuno deve temere la ricostruzione precisa e scientifica dei fatti. Se invece ci sono state condotte non proporzionate, esse verranno alla luce".

Secondo lei, cosa è accaduto in quella casa quando è intervenuta la Guardia Civil?

"Io posso solo dire che non era presente personale sanitario e che Michele Luca è morto. Quando le forze dell’ordine intervengono su un soggetto in difficoltà psico–fisica, il protocollo internazionale – da medico lo dico – è contenimento sanitario, non contenimento punitivo. La verità fattuale la ricostruirà la magistratura italiana".

Suo figlio era un producer e deejay di fama mondiale. Ci racconta qualcosa in più di lui?

"Michele Luca era un talento puro. Era un ragazzo che a 36 anni aveva creato uno stile suo, era riconoscibile, richiesto, rispettato. Ma oltre all’artista, Michele Luca era un uomo buono. Solare. Capace di abbracciare senza parlare. Lasciava il segno".

Un ricordo che le è particolarmente caro?

"Il suo sorriso quando entrava in casa, qualunque ora fosse. Quel sorriso resta più potente di qualsiasi tragica immagine finale. Ed è per quel sorriso che io sto lottando: perché la verità sia detta".

La procura di Roma ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di omicidio preterintenzionale. Cosa si aspetta da questa inchiesta?

"Io mi aspetto ciò che le Istituzioni Italiane sanno far valere: rigore, metodo, scienza, diritto.

Mi aspetto che venga accertata la catena degli avvenimenti. Io, mia moglie Daniela ed il nostro secondogenito Gianmarco non cerchiamo vendetta. sono un medico ed un padre. Cerco la verità. E la verità, alla fine, arriva sempre".

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