Il corallo che spunta dal profondo blu

La chiamano «Parete dei maledetti», al largo dell'isola di Bergeggi. In realtà, è un autentico paradiso dei sub e, da qualche anno, terreno d'elezione anche per studiosi e ricercatori del profondo blu per via di una ricca comunità coralligena. L'hanno individuata i pescatori professionisti, ma sono stati i carabinieri subacquei, al comando del tenente colonnello Francesco Schilardi, a esplorare i fondali e rilevarne la fantastica biodiversità con l'aiuto del robot «Pluto» progettato dall'ingegner Guido Gay. Poi sono scesi in campo gli esperti del settore, innanzi tutto Simone Bava, direttore dell'Area marina protetta Isola di Bergeggi, Marzia Bo dell'Università di Genova, Stefano Coppo e Gloria Manaratti della Regione Liguria. Che hanno fatto, semplicemente e molto efficacemente, «squadra», e ora possono andare fieri del risultato. È proprio questo che hanno presentato insieme ieri pomeriggio, nell'ambito del Salone Nautico, illustrando in dettaglio le ricerche nel Sic-Sito di intesse comunitario marino Fondali Noli-Bergeggi, e le iniziative svolte in collaborazione con gli uffici regionali. Per l'occasione, è stato sottolineato, fra l'altro, come l'Area Marina Protetta ospiti specie coralline rare che vanno sotto il nome di «oro rosso e profondo», ma conservi anche e tuteli una grande ricchezza di habitat marini, tra cui alcune importanti grotte sommerse. «Ed è immediatamente al di fuori dei confini meridionali dell'Area - spiega Simone Bava -, su un fondale tra i 60 e i 110 metri, che è presente quella secca di notevoli dimensioni, conosciuta dai pescatori della zona come "I Maledetti". Qui gli studi condotti nell'anno in corso in collaborazione con il Centro Carabinieri, Università e Ispra hanno messo a nudo la più importante popolazione di corallo rosso (corallium rubrum) del Mar Ligure». Le colonie hanno notevoli dimensioni e ragguardevole densità - aggiunge Marzia Bo - e, anche se non sono di taglia commerciale, rappresentano un'incredibile valore per scienziati e subacquei tecnici».

Sfortunatamente «mettere la testa sott'acqua» a queste profondità ha permesso di evidenziare anche un danno ambientale dovuto a reti e lenze da pesca perse: «A settembre - conclude il colonnello Schilardi - come Centro Carabinieri Subacquei abbiamo realizzato una prima rimozione sperimentale di reti e lenze perse sulla Secca del Banano in modo da predisporre protocolli di bonifica di attrezzi da pesca sul coralligeno da presentare in Regione».

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