2 VICINI ALLEUROPA
Gli interessi particolari
danneggiano il sociale
Da decenni, ed in particolare da quando si è andata edificando l'Unione Europea, anche in termini di divisa politica e monetaria, gli analisti del nord Europa hanno continuato a sostenere urgenti e necessarie riforme strutturali per adeguare ai paesi continentali il nostro distretto subalpino, focalizzando l'attenzione sul contenimento del debito pubblico (il terzo più grande al mondo in termini assoluti) e su una più equa ed efficace ripartizione del prodotto interno lordo.
In effetti il nostro paese ha una sperequazione retributiva e pensionistica tra le più divaricate tra i paesi industrializzati, il che ci pone in graduatoria insieme a paesi come la Polonia e la Turchia.
Di fronte a questa esigenza di risanamento che faciliti lo svolgimento di una più equa e saggia economia di mercato si sta affermando un pericoloso teorema politico-economico che rafforza lo status quo e l'indirizzo politico intrapreso in Italia nel dopoguerra a difesa del corporativismo con l'argomentazione sbalorditiva che l'Italia sarebbe più o meno nelle condizioni della Germania e dei paesi più stabili del nord, poiché il debito pubblico altissimo sarebbe compensato dai nostri risparmi e quindi da un debito privato tra i più bassi del mondo.
Si tratta di una tesi accattivante, ma distorta, basata su un familismo ristretto e su una inclinazione antropologica ancora una volta piegata sul «particulare», poiché soltanto un debito contenuto è segno di buon governo e può facilitare la prassi di politiche che hanno a cuore una equa redistribuzione della ricchezza.
Per quanto riguarda lo stato sociale, in epoca contemporanea, da quando esistono classifiche internazionali sul gemellaggio tra difesa della libertà individuale e accertamento del benessere pubblico, in testa a queste graduatorie ci sono sempre i paesi transalpini, soprattutto quelli appartenenti alla penisola scandinava.
Dovrebbe essere quindi evidente che il modello da seguire, allegandolo naturalmente alle peculiarità storiche del tessuto italiano, è uno stato del benessere che diminuisca il più possibile le parzialità tra corporazioni forti e categorie autonome, svincolate dalle blindature sociali degli apparati pubblici e dall'assistenzialismo «filogovernativo» e discriminante di cui hanno beneficiato molte grandi aziende private, talvolta fallimentari o cartellonistiche.
I principali vettori finanziari del welfare europeo sono: 1) un assegno famigliare che copra le necessità primarie dei figli. Poiché in Italia questo sostegno è variegato e insufficiente, siamo il paese meno riproduttivo d'Europa, dove esiste la paura del secondo figlio, quello che garantirebbe la stabilità demografica. 2) Un sussidio di disoccupazione che scatti a partire dal 18° anno di età. Questo sussidio corrisponde in Europa al 60% di uno stipendio medio. 3) Introduzione di una soglia vitale di 800 euro per le persone ritirate dal lavoro, diminuendo il differenziale tra le prestazioni pensionistiche ed edificando un tetto previdenziale sottostante i 10.000 euro.
Naturalmente, perché quanto sopra non sia la solita scherma di parole basta seguire il copione europeo, evitando senza paura le schegge ideologiche di proteste settarie o ribellistiche.
Infine un'accanita lotta agli sprechi, alle consorterie clientelari e malavitose e ai privilegi egoistici, avendo sempre in mente che l'Italia è da diversi anni il paese più corrotto dopo la Grecia, tra i paesi tecnologicamente avanzati. Affermiamo quindi, con tensione etica ed ideale, che in questo paese esistono interessi legittimi, ma troppi, persistenti interessi particolari.
2 CANDIDATURE DAL BASSO
Musso ci ha deluso
Il sindaco ideale? Plinio
Egregio dottor Lussana, il professor Enrico Musso ha deluso la stima, la fiducia, lammirazione, lentusiasmo che avevo nei suoi confronti con la sua astensione alla Mozione di Sfiducia contro il Presidente del Consiglio, onorevole Silvio Berlusconi, nella votazione del 14 dicembre scorso.
Durante le ultime elezioni comunali avevo partecipato alla campagna elettorale a favore del professor Musso con limpegno che Lei ben conosce e attualmente mi stavo già «attrezzando» per agire nello stesso modo, anzi di più e in anticipo, nelle prossime elezioni.
Superata la delusione, ho riflettuto su chi, secondo il mio parere, potrebbe ricoprire la carica di sindaco a Genova e... Ho pensato al dottor Gianni Plinio.
Sì, proprio lui, per le positive e indiscutibili capacità, preparazione ed onestà che ha dimostrato in tutti questi anni di lotte ad oltranza per il bene di Genova, della Liguria e dellItalia fra cui, come ultimo recente atto, addirittura un libretto dove denuncia gli sprechi della Regione Liguria nei dettagli, dalla lettera A alla lettera Z.
Pertanto, auspico che Gianni Plinio accetti la candidatura a sindaco; candidatura che già io propongo, ma che ovviamente dovrebbe essere a lui proposta dai partiti del centrodestra che mi auguro vivamente condividano la mia iniziativa.
Bartolomeo Panno
2 QUELLI DE «LALTRA GENOVA»
Il popolo di centrodestra
si merita di meglio
Caro Massimiliano, mi meraviglio che qualcuno si meravigli dei comportamenti politici del nuovo gruppo consiliare «Laltra Genova».
È una formazione di destra? O è forse di sinistra? O magari è di centro? No, probabilmente è un gruppo politico di «responsabilità cittadina». Come dire sono un po partito di lotta ed un po di governo a seconda delle situazioni. Della serie le famose geometrie variabili di lontana memoria.
Politicamente sembra ricalcare gli atteggiamenti di Futuro e Libertà creatura di Gianfranco Fini in ambito locale. È stupendo avere a Genova un soggetto politico che applica dei comportamenti politici così coerenti con il mandato dato dagli elettori (Precisamente come sul piano nazionale!).
Persone elette con Alleanza nazionale, Forza Italia e un senatore della repubblica eletto nel popolo della libertà(pochi mesi fa!) oggi unite in questa nuova formazione politica tutto cuore e coerenza.
Per essere un inizio non è male. Lelettore del centrodestra, chiunque esso sia, deve essere fiero ed orgoglioso di avere dei rappresentanti pronti alla «lotta politica» in nome degli alti ideali per i quali sono stati eletti. Essere nati contro la sinistra per poi ritrovarsi al fianco di quella più estrema è un risultato politico di tutto rispetto.
Le azioni politiche de «Laltra Genova» rappresentano quello che nel calcio era la vecchia schedina con 1,2,X. Cioè si può avere qualunque comportamento, dipende solo «dalla propria coscienza» dove le regole valgono per gli altri e mai per gli esponenti di Futuro e Libertà e personaggi vicini a questo movimento.
Mi sembra di capire che la nascita di questa nuova formazione sia figlia diretta di una significativa dose di individualismo abbinato ad una sana dose di «amore per se stessi». Credo che il popolo di centrodestra si meriti di meglio, molto di meglio.
Gian Luca Fois
2 AFFARI DA 90 MILIONI AL MESE
Sono tanti gli uomini
che scelgono le escort
Cara Erica Leonardi, sono tantissimi gli uomini italiani che fanno sesso a pagamento, circa uno su cinque. Nove milioni, il numero dei clienti che si rivolgono al sesso a pagamento. Circa 90 milioni di euro, il giro daffari mensile della prostituzione in Italia. Oggi in Italia si calcola che le lucciole in strada siano circa 50.000, aumentate in maniera esponenziale negli ultimi decenni complice laumento dellimmigrazione clandestina. Questo non lo dico certamente io ma le statistiche. Non mi sembra quindi scandaloso scrivere: «Al Premier piacciono le escort, agli italiani anche, per la Magistratura è un problema». Ambedue le affermazioni sembrano infatti, essere veritiere e supportate da fatti incontestabili. Lungi da me il solo pensiero di voler discriminare il sesso femminile anche se non mi riconosco nella battaglia intrapresa da Sara Giudice poiché sono abituato a giudicare le persone da quello che fanno e non dall'abito che portano. Concludo dicendo: continui a ragionare con la sua testa e continui a rispettare certi valori e l'etica della vita, sicuramente troverà il mio e quello di tantissimi, apprezzamento.
Andrea Cevasco
2 CARLO FELICE
Ci sono luoghi dove
la politica non deve entrare
Siamo stati informati in merito a due avvenimenti di non poco conto che arricchiscono la travagliata vita del Carlo (In)Felice. Da un lato l'abbandono di Renzo Fossati(manager-direttore di staff) che ha presentato le dimissioni, esprimendo un atteggiamento conciliatorio, scevro da polemiche. L'altro evento, più cospicuo, è certamente la dichiarazione perentoria del Sindaco Marta Vincenzi circa l'inevitabilità che il teatro lirico in questione vada dove dice la politica. Dichiarazione questa che in certa misura sorprende, perché suona come uno squillo da Ministero della Cultura Popolare (Minculpop) locale (di fascistissima memoria). Intendiamoci bene (ironicamente): l'opera lirica è sostanzialmente una «favola per adulti» trasfigurata dall'eccellenza (sovente) del musicista.
Se però ci teniamo dal lato della popolarità dell'opera lirica (sia dei contenuti, espressi dal libretti sia delle forme musicali) non vi è dubbio che la «favola per adulti» ha una sua «relazione d'incanto» con il pubblico. La favola è sovente eccellente nel suo insieme e si presenta come una realtà artistica a livelli notevolissimi, come il melodramma italiano dalla sua nascita con Claudio Monteverdi ha ripetutamente segnalato. Ora, in genere, i politici, e segnatamente quelli di sinistra non hanno mancato di misurarsi con altro genere di favole innanzitutto le loro e poi quelle altrui cui facevano contrasto (non sempre avendola vinta). Purtroppo l'egemonia (conquistata dalla sinistra nell'infelicissima Genova) e reiterata per decenni ha portato ad insistere in un orientamento politico che ha finito con il tediare una discreta parte del pubblico. Mi sono spesso chiesto cosa sarebbe accaduto se non pochi alunni delle scuole genovesi non fossero stati «spintaneamente» volti dai loro docenti ad occupare le platee e le gallerie onde contribuire, assistendo agli spettacoli, a mantenere decorosamente alto il livello degli introiti (i cui disavanzi erano poi colmati dagli interventi degli enti locali e dello Stato). Essendo fondamentale in una determinata percentuale un costante intruppamento a fini pedagogici sembra del tutto eccessivo affidare alla «politica» il timone che dia la direzione all'arte. Ha fatto bene Sergio Maifredi a insistere sull'esigenza di dare forza all'arte facendo rilevare che nell'ambito del consiglio d'amministrazione dello stesso Carlo Felice si è parlato tanto di politica e pochissimo di teatro. Nell'ambito dell'arte, nelle sue diverse espressioni, sarebbe bene che la politica facesse un bel passo indietro. Nel senso che una civica amministrazione ha il dovere, attraverso i suoi tecnici, di tenere d'occhio la parte economica e gestionale in genere ma su tutto il resto farebbe meglio a disinteressarsene. Infatti se il centro e la destra lo hanno fatto anche troppo, la sinistra ha fatto esattamente il contrario, occupando tutto l'occupabile e finendo con il creare situazioni di asfissia e di rigetto. D'altra parte, anche se in maniera diversa, è lo stesso che è accaduto a non pochi intellettuali, dopo la svolta del 1924, nell'Urss che hanno potuto sperimentare il rinchiudersi degli spazi di vivibilità artistica. È meglio onorare l'arte nella sua libertà e nella sua sostanziale fragilità proprio come si dice nella socialdemocratica Svezia dove Ingmar Bergman ha girato il suo film «Vergogna» (Skammen). Nessuno nega che il nostro mondo sia un mondo filosofizzato, sociologizzato e, in definitiva, politicizzato ma se vogliamo salvare l'arte garantendole una nicchia non trascurabile e autentica, dobbiamo toglierle lacci e lacciuoli, affidandola alla creatività individuale e non per questo poi disinteressandosene, lasciandola anemicamente perire. Le serre e gli stazzi e le fattorie degli animali producono «polli di batteria» e, diciamolo pure, anche ragguardevoli «ruffiani» dei quali sinceramente se ne può fare a meno oggi come in altre epoche forse più gagliarde.
Claudio Papini
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