Hanno ucciso anche i porticcioli liguri

Meno ventotto per cento rispetto ai dati dello scorso anno in Liguria. Numeri disarmanti se messi a paragone con cifre considerate già da crisi nell'estate 2011. L'effetto Monti colpisce il settore della nautica e si riversa sui porticcoli delle località turitische delle riviere liguri. Una flessione spaventosa che non riguarda solo la nostra regione ma anche Emilia Romagna, Sicilia, Toscana e Friuli Venezia Giulia e che dimostra come l'effetto da clima del terrore stia avendo conseguenze dirompenti su un settore che, fino a qualche anno fa, veniva considerato in ottima salute tanto da spingere i comuni marittimi a realizzare porticcioli nuovi e funzionali per ospitare un turismo che sembrava in fase di sviluppo. Niente di tutto questo e la colpa, secondo uno studio rilevato a campione dall’Osservatorio Nautico Nazionale sui sessanta porti italiani più rappresentativi dell’offerta turi­stica di pregio, è proprio dell’azio­ne intimidatoria portata avanti dal governo dei tecnici con controlli ri­petuti a tappeto da parte della Guar­dia di Finanza. La fuga dei diporti­sti, infatti, sarebbe dovuta principal­mente alle ispezioni delle fiamme gialle con un vero e proprio clima da «terrore fiscale» che ormai è vis­suto anche tra i propietari delle pic­cole imbarcazioni. Non solo, ma la scarsa coordinazione delle forze dell’ordine fa sì che i controlli stessi siano ripetuti e esageratamente fre­quenti, altro motivo che sta facen­do fuggire i diportisti verso altri lidi. La terza causa ha sempre il governo Monti come principale responsabi­le e riguarda il costo del carburante sempre più elevato.

Perché stare o venire in Italia se tra Corsica, Costa Azzurra, Spagna e Croazia si può avere un prodotto di qualità similare ma ad un prezzo e con scocciature ridotte al lumici­no? Così i vacanzieri del mare «h 24» si spostano all’estero. Ma chi
ESTATE NERA

Il porticciolo di Chiavari. Come tutti quelli presenti in Italia sta risentendo della crisi economica. Chi ha yacht e barche preferisce guardare all’estero

pensa che si tratti solo di un proble­ma che riguarda i «ricchi» proprieta­ri che possono permettersi il lusso di girare con lo yacht si sbaglia. Qui non viene abbattuto un privilegio ma migliaia di posti di lavoro. Se­condo l’Onn dallo scorso gennaio a luglio è stato perso il 26 per cento
dei posti di lavoro nel settore e se­condo una stima per i prossimi me­si, se questa si confermerà la ten­denza del mercato, sono a rischio al­tri diecimila lavoratori. «Stiamo as­sistendo all’agonia della nautica ita­liana, ma sembra che nessuno al go­verno si renda conto della dramma­ticità di una situazione, che in breve tempo si rifletterà in modo massic­cio sul fronte occupazionale e che comporterà il probabile fallimento di molte strutture turistico-portua­li- attacca Anton Francesco Alberto­ni, presidente di Ucina - . Così si di­strugge non solo un comparto che, nonostante tutto, è ancora tra i più trainanti dell’export del paese, ma anche il turismo nautico e l’indu­stria costiera ad esso legata, patri­moni che tutto il mondo ci invidia da sempre». Dopo la conversione della tassa di stazionamento in tas­sa sul possesso Ucina auspicava che i diportisti, italiani e stranieri, tornassero a scegliere le acque ita­liane per le proprie vacanze ma così non è stato: «Controlli ripetuti e svolti senza alcun coordinamento fra le diverse forze di polizia e più in generale un clima di “terrore fisca­le” sono state, secondo l’indagine, tra le principali cause della fuga dal­la nautica che sta investendo le co­ste italiane (è della scorsa settima­na la denuncia di Albertoni di un tu­rista francesce multato per non aver pagato una tassa che spetta so­lo alle imbarcazioni immatricolate in Italia ndr).

Ribadiamo ancora una volta-conclude Albertoni-l’ur­gente necessità di istituire un regi­stro telematico delle imbarcazioni, strumento che consentirebbe di ve­locizzare i controlli sui diportisti rendendoli mirati e percepiti dagli stessi come meno invasivi».

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