Cronache

I difensori dei deboli che dimenticano la difesa dei veri deboli

(...) un padre e un benefattore» per far scattare la gazzarra. Assurda e incredibile, persino nell'ambito del funerale più incredibile del mondo, una via di mezzo fra uno show televisivo, una festa, un comizio e, c'è pure un risvolto positivo, un incontro fra culture diverse e fra mondi diversi. Appena Bagnasco cita il suo predecessore e parla dei «non rari incontri anche con me in cui parlava con schiettezza e rispetto», modo molto bagnaschiano e felpato per parlare anche degli scontri su posizioni più opposte che differenti, ad esempio sulle coppie di fatto, dall'esterno della chiesa partono i primi ululati, poi fischi, poi Bella ciao, poi pugni chiusi e rumoreggiamenti vari anche in Chiesa.
Sinceramente, penso che sia il punto più basso che si poteva raggiungere. Da un lato, per un semplice motivo di cortesia e di rispetto nei confronti del cardinale che, da presidente della Cei, ha trattato don Andrea («esattamente come tutti gli altri preti della mia diocesi») con un tocco di dolcezza e di amore, scegliendo di celebrare personalmente il suo funerale. Anche se sapeva che sarebbe stato un funerale, come dire?, un po' particolare: con i trans a fianco delle autorità, con Vladimir Luxuria che legge le preghiere dei fedeli (con parole più cristiane di tanti altri, fra l'altro) e con don Ciotti che trasforma il ricordo finale in una specie di comizio aggiuntivo, arricchito di una specie di sberleffo quando cita Papa Francesco per asseverare una sua tesi. Che è giustissima, ma forse sarebbe più corretto citare «tutto» papa Francesco e non solamente la parte che ci fa comodo.
Insomma, le urla, i pugni chiusi, la chiesa e il sagrato in qualche modo okkupati sono il peggior servizio che si poteva fare a don Gallo che, invece, a modo suo, facendolo molto da furbacchione, ma facendolo, ha sempre cercato il dialogo. E, in mezzo a preti che fanno comizi, la lezione più bella è arrivata da una signora laica, «la Lilli», cioè Liliana Zuccarelli, storica segretaria di don Gallo che - appena si è resa conto che Bagnasco non avrebbe potuto proseguire, è salita sull'altare e ha detto: «Ragazzi, ragazzi, ragazzi, ragazzi!!! state a sentire. In questo modo non rispettate Andrea. Lui credeva nell'essere prete. Lui sapeva che la Chiesa senza la testa non funziona. Aveva un grosso rispetto per il vescovo. Se vogliamo bene al Gallo, impariamo a rispettare tutte le voci, come lui avrebbe ascoltato voi». E poi: «Grazie e scusate se mi sono permessa». Solo così è arrivato il silenzio.
Ecco, questa signora emiliana ha invece dato una grandissima lezione al resto del mondo. Soprattutto a don Ciotti che, invece, ha trasformato la seconda omelia - quella che si aspettavano tutti quelli degli ululati, dei fischi e di Bella ciao - in un comizio che metteva dentro tutto: da Papa Francesco, per l'appunto, alla mafia, dalla tutela dei rom al ricordo di Carlo Giuliani.
E posso dirlo? Un prete, non può, ma deve difendere i rom e pregare con pietas per Carlo Giuliani, così come ogni altro morto. Ma, se non aggiunge, come fece don Valentino Porcile, non certo un reazionario, la difesa anche di chi di quei rom è vittima quotidianamente subendo furti e microcriminalità, spesso le fasce più deboli della popolazione, e non dice che Giuliani è morto mentre assaliva una camionetta dei carabinieri con un estintorre e che avrebbe potuto ammazzare dei ragazzi che prendono mille euro al mese, allora non fa un buon servizio alla verità.

Soprattutto, non fa un servizio ai veri deboli.

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