Cronache

«Io, uomo del Pd, dico sì all'accordo col Pdl»

(...) Personalmente, mi è capitato di verificarlo quando era presidente della Camera e io lavoravo a Roma. Ma, anche per uscire dal personale e arrivare al generale, non ho timore a dire che, a mio parere, insieme a De Nicola, Einaudi, forse Saragat, e Leone ritengo Giorgio Napolitano il miglior presidente della Repubblica che abbia avuto l'Italia.
Concordo in pieno con le parole di Silvio Berlusconi che l'altro giorno, ha spiegato: «In questo momento è il miglior presidente che l'Italia potesse avere. Ho ammirato la sua forza, il calore della sua voce che ha commosso tutto il Parlamento». Poi, alle deputate che volevano cantargli in Transatlantico «Meno male che Silvio c'è», ha suggerito di trasformare la canzone in «Meno male che Giorgio c'è». E infine ha spiegato: «È il discorso più ineccepibile e straordinario che io abbia mai sentito in vent'anni di vita parlamentare».
Così come concordo con Sandro Biasotti che ha spiegato: «Ho votato Giorgio Napolitano più per disciplina di partito che per convinzione. Il suo discorso mi ha entusiasmato e, in alcuni passaggi, avevo la pelle d'oca. Mai mi sarei aspettato di applaudire a scena aperta un comunista. Ed ora è anche il mio presidente. Presidente che farà in modo di porre fine a questa contrapposizione tra forze politiche che ha prodotto solo problemi alla nostra Italia». Eppure, caro Matteo, credo proprio che la verità stia in tutte e due le posizioni, nella tua e in quella di Sandro Biasotti, che non a caso siete fra le due persone migliori, probabilmente le due migliori insieme a pochi altri, in un Pdl ligure balcanizzato e in preda a nostalgici di epoche che non possono tornare. Fortunatamente. Siano essi antiscajoliani o scajoliani fuori tempo massimo.
E, per dimostrare con i fatti, non con le parole, quanto Giorgio Napolitano - peraltro legatissimo a Genova e alla Liguria, che ha sempre aiutato - sia stato e continui ad essere, anzi oggi ancor di più, un grande Capo dello Stato, provo anche a fare due esempi recentissimi. Vogliamo anche solo immaginare a pensare a una situazione come quella attuale data in mano a un presidente della Repubblica come Oscar Luigi Scalfaro? Altro che non mandare Bersani davanti alle Camere a cercarsi i voti uno per uno, come ha correttamente fatto Napolitano, evitando la nascita di un governo Pd-transughi grillini. Scalfaro, così come fece ai tempi del ribaltone, sarebbe andato lui personalmente a cercare i voti per far nascere il «Bersani primo» uno ad uno, anche a costo di mobilitare senatori a vita con le stampelle. E anche il tanto decantato Ciampi, descritto come un padre della Patria, certamente durante il suo settennato è stato un presidente molto più di parte di quanto lo sia stato Napolitano. Non è possibile che cantare tre volte Fratelli d'Italia, sventolare il tricolore e donna Franca che fa il giro delle scuole, basti a dimenticare tutto questo.
Mica finita. Ricordate quando i capigruppo del Pdl salirono al Colle? Napolitano, com'era inevitabile, stigmatizzò la manifestazione (peraltro pacifica e inoffensiva, ma inutile e controproducente) dei deputati pidiellini a Palazzo di giustizia di Milano, ma mise nero su bianco le sacrosante parole: «È comprensibile la preoccupazione dello schieramento che è risultato secondo nelle elzioni, di veder garantito che il suo leader possa partecipare alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento». Parole che sono le mie, di un presidente che è il mio.


Come cantano i tifosi allo stadio, carissimo Matteo, «un presidente, abbiamo un presidente».

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