(...) che ha certo qualcosa di demagogico, ma che condivido alla virgola.
Il candidato che, invece, legittimamente e in un certo senso temerariamente, con una frase secca e netta, ha messo le aliquote Imu al centro del suo programma, dicendo che non esiterà ad aumentarle pur di preservare i servizi sociali, è stato Marco Doria.
Ecco, credo che la campagna elettorale stia tutta nello scarto fra le parole del manifesto di Vinai e quello dellintervista di Doria. Alla faccia di chi dice che il confronto è moscio, che i programmi sono tutti omologati e che votare o non votare è lo stesso perchè tanto sono tutti uguali.
No, non sono tutti uguali. Cè chi vuole lImu e chi non la vuole. E un elettore, ovviamente, può preferire luno o laltro programma, ma non scrollare le spalle o magari lasciarsi andare a sparate di antipolitica, salvo poi lamentarsi al momento di pagare il conguaglio in busta paga o, peggio, con le cartelle esattoriali di Equitalia.
Vinai da una parte, Doria dallaltra, tutto il resto sono chiacchiere.
Certo, poi, per quanto riguarda Doria il problema è anche un altro. Dopo uninchiesta del Giornale sulle pagine nazionali, due candidati - Roberto Delogu del partito comunista ed Enrico Musso con la sua lista civica - si sono focalizzati sulle 21 proprietà attribuite al candidato del centrosinistra.
Ma posso dire che non è questo il problema centrale? Se Marco Doria si fosse comprato anche cento o mille case, non penso affatto che ci sarebbe niente di male. Siamo liberali, per tutti, e trovo surreale che contestiamo la proprietà privata detenuta in modo onesto e cristallino e regolarmente denunciata. Non è che la proprietà privata vale per tutti tranne che per Marco Doria. Altrimenti cadremmo noi nella coazione a ripetere di certa sinistra che ritiene la proprietà un furto. Io, personalmente, non penso affatto che lo sia.
Diversa cosa sono altre due questioni. La prima: la coerenza con in proprio programma. In questi giorni, il Secolo XIX sta chiedendo ai candidati di rendere noti i loro redditi e le loro proprietà. Si tratta quasi di un gioco di società in cui i candidati, in modo anche abbastanza surreale, fanno a gara a denunciare i redditi netti anzichè quelli lordi, nel dire che vanno in giro su macchine scassate, che le loro case sono ereditate da lontani zii, che sono stati sfrattati dai parenti cattivi, che hanno la pensione minima, e via di questo passo. E bene ha fatto Vinai a far mettere a verbale che il suo reddito serve a mandare avanti una famiglia di sei persone, introducendo tacitamente il discorso del quoziente familiare, e soprattutto: «Sarebbe interessante conoscere tutti i contributi pervenuti ai candidati, non solo in questi ultimi due mesi, ma soprattutto quelli percepiti prima da coloro che svolgono campagna elettorale da qualche anno. Io sono pronto». Nellautodichiarazione di Marco Doria, invece, le proprietà immobiliari risultano: il 100 per cento di sei appartamenti a Genova, uno dei quali è la residenza e gli altri sono affittati; due negozi; un box; una quota del 16,70 per cento di Palazzo Doria; e la comproprietà con suo fratello di due alloggi, uno a Genova e uno a Milano.
Cè una diversità numerica con quanto scritto nellarticolo. Ma il punto centrale è un altro ed è stato posto nelle scorse settimane da Susy De Martini, candidata sindaco de La Destra di Storace: se alcune di quelle proprietà, come certamente quella di via Garibaldi, sono palazzi storici, erano esentate dallIci e anche con la nuova imu hanno una deduzione che il Parlamento ha portato dal 15 al 35 per cento «per gli affitti degli immobili di interesse storico o artistico».
La norma ha un senso ed è quella di non far decadere i palazzi nobiliari e storici, che sono un patrimonio dellItalia, obbligando i proprietari a pagare tasse salatissime.
Domande.