La passione per il tiro a segno riusciva a unire ricchi e poveri

Già dal 1846 la Guardia Nazionale di Voltri, composta da circa 250 militi, si proponeva di addestrare i giovani e tenerli pronti per la patrie battaglie del nostro Risorgimento. Essi si presentavano in Piazza dello Scalo in divisa come per un picchetto di primo intervento. Il capitano li passava in rivista, il tenente presentava la forza. Un sergente controllava la pulizia dell'arma poi, avanti marsch, si faceva il giro della città a passo di marcia e banda musicale (come nella «Vedova Allegra») per controllare che tutto fosse in regola. La Guardia interveniva anche per alluvioni, incendi e mareggiate. Naturalmente, finite le esercitazioni, ogni milite riprendeva gli abiti borghesi e si dedicava al suo lavoro quotidiano. La domenica, adunata alle 6 di mattina, Messa a San Nicolò poi, tiro al bersaglio in uno spiazzo erboso dietro l'osteria del Santo, con bevuta generale. Raggiunta l'Unità d'Italia, si decise per la Leva obbligatoria per cui non era più il caso di continuare, cosicché il governo sciolse la Guardia di legge nel 1876, con grande rammarico per i militi di Voltri che continuarono a esercitarsi al Tiro, facendo pure delle gare.
Per ufficializzare questa tendenza, il Governo, con legge numero 883 del 2 luglio 1882 fonda in ogni capoluogo di Mandamento, una Società del Tiro a Segno che deve essere diretta da un ufficiale dell'esercito; a Voltri, che è una delle 31 in Liguria, si sceglie il tenente D'Albertis Luigi e come presidente onorario il capitano Giuseppe Firpo eroe della battaglia di Novara del 1849. Nel 1884 si stabilisce un emblema che consiste di un bersaglio coronato alla reale, attorniato da due rami di quercia e di alloro, caricante due fucili incrociati e sostenuti da un'aquila di oro coronata e fregiata nel petto dello scudo di Savoia nell'atto di spiccare il volo e appoggiata a una tessera pure in oro che contiene il nome della società. Questo emblema sarà al centro della bandiera nazionale. Il 24 dicembre 1884, il ministero della guerra, introduce una copertura di capo uniforme per i soci del Tiro a Segno nazionale che consiste in un cappello di feltro nero rigido, con tese leggermente piegate a raggio verso l'alto, ornato di nastro nero alto 6 centimetri, fermato sul lato sinistro da un fiocco dello stesso nastro, sul quale è inciso l'emblema. Il cappello dovrà portare una penna nera di aquila alta 25 centimetri.
Morto il presidente nazionale Giuseppe Garibaldi, lo Stato sabaudo, onde dare un senso borghese alle società, impose una tassa altissima ad ogni socio in modo da limitare il numero di carabine in circolazione. A Voltri pur di mantenere vivo l'interesse a questo sport, per i meno abbienti, pagarono i ricchi che però, si presero la dirigenza. La componevano uomini che parteciparono al Risorgimento come: Andrea Podestà, Giuseppe Firpo, Nicola Mameli, Cesare Tubino amico di Mazzini, Giuseppe Gambino uno dei Mille, Francesco Costaguta garibaldino a Mentana, Antonio Viacava. Fra i giovani, che deprecavano di non essere nati venti anni prima, emergeva la carismatica figura di Agostino Vigo (1863/1942), figlio di Antonio, industriale tessile e commerciante, proprietario terriero. Seguono i suoi migliori amici e soci in affari come Gio Batta Gaggero proprietario di Villa Gaggero dalle due torri e del lanificio detto dai «Beruin» con 120 operaie, altro suo amico è Carlo Tealdo industriale tessile, pure.
I Tre magnifici, secondo un detto popolare, in quanto, erano ovunque esistessero comitati e associazioni come, nella Loggia massonica, nella Società di Mutuo Soccorso, nel Circolo Velico, nella Croce Rossa, nella associazione per la Carità, nei Velocipedisti voltresi, nel partito Radicale. Più tardi, nel 1903 saranno nella ginnica società Giovane Voltri, nel 1904 fonderanno la Nicola Mameli e Gaggero ne sarà primo presidente. Questo per dire che controllavano ogni foglia che si muovesse nel bene o nel male. La foto, rarissima, concessa da Carlo Massa, vede da sinistra due fratelli Vigo, il terzo è il padre Antonio, il quarto Antonio Tealdo, l'alfiere è lui u Sciù Gigiu Vigu, il direttore del Tiro è Luigi D'Albertis in divisa da ufficiale del Regio Esercito, il marchese Nicola Mameli Sindaco e deputato all'epoca, Carlo Tealdo e G.B. Gaggero. La foto è stata scattata nel 1886 al poligono di tiro di San Nicolò delle Grazie dove era stata benedetta la bandiera con il nuovo emblema nazionale. Per la cronaca, la prima gara ufficiale a bersaglio fisso con carabina fu vinta, dopo le eliminatorie, da certo Benvenuto Carlo di Pietro e di Antonia Gaggero, abitante alla Cabella (Gabella perché li si pagavano le tasse del sale). Al secondo posto, Gaggero Pietro di Gio Batta e di Pellegra Toso, abitante al Pian di Giugno (Cian de zugnu). Al terzo posto Gambino Antonio di Salvatore e di Maria Toso, abitante alla Scaglia di Mele (a Scaggia). Nel 1896 si svolgeva a Roma la Gara Nazionale e i grandi tiratori non avevano i soldi per partecipare e allora partirono ancora loro, i Tre Magnifici. Lo strapotere porta all'esagerazione di una sera di luglio del 1901 quando i «tiratori scelti» della cerchia dei Tre, sulla carreggiata del ponte di Leira, misero tutti i tavolini del notissimo Caffè del Centro e pretesero di essere serviti in quel sito, fermando il traffico di carrozze, carri, pedoni e facendo gran baccano. Durò un'ora poi fu avvisato Vigo che scese da via XX settembre (oggi via Cialdini) e fatti 20 metri, con il bastone d'argento, fece un cenno e tutto ritornò alla normalità.

Nel 1903 in attesa dell'agognata proclamazione di Voltri Città, Vigo si fece eleggere Sindaco e quando giunse il proclama, firmò il Regio Documento Storico inviato dal re Vittorio Emanuele III, dopo due mesi, diede le dimissioni a favore di Tealdo, questi poi dopo un anno, passò la Sedia a Gaggero. Dopo due anni i socialisti e i radicali riuscirono a sistemare un loro Sindaco, Antonio Puppo, grazie all'allargamento del voto a ceti popolari, fatto che permise di allentare la presa dei Tre ma non totalmente.

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