Perché le violenze contro Genova non meritano un film?

Perché le violenze contro Genova non meritano un film?

(...) i black bloc sono ospitati alla Diaz, quello in cui i vecchietti nei vicoli si lamentano con l’esponente del Genoa Social Forum per i danni alla città e quello in cui l’assemblea dei no global discute animatamente e uno di loro ragiona sul fatto che i genovesi non ne possono più, che raccontano un’altra storia.
Il problema, come spiego anche nelle pagine nazionali, è che tutto questo occupa in tutto un paio di minuti su due ore del film. E il resto è storia di massacri alla Diaz e a Bolzaneto, girati cinematograficamente benissimo, Ma, per l’appunto, dedicati a una parte della storia del G8 del luglio 2001. Non a tutto il G8.
È più che legittimo dedicare un film alla Diaz e a Bolzaneto e, anche se personalmente non condivido per nulla la martirizzazione di Carlo Giuliani (per avere la patente di martiri, occorre meritarsela in vita e non dopo morti), è legittimo persino studiare un film su piazza Alimonda, come ha raccontato Domenico Procacci.
Meno legittimo è che nessuno pensi mai a un film su Genova violentata, umiliata e offesa. Come se le devastazioni e i saccheggi e le vetrine sfasciate e i cassonetti bruciati e le macchine rovesciate e le violenze di piazza e la città presa in ostaggio, valessero meno. Come se le (ingiustificabili e vergognose) violenze di uomini con la divisa, ancora più gravi e giustamente da sanzionare in quanto messe in atto da uomini con la divisa, giustificassero tutto il resto.
Invece, mi pare che la posizione più seria e saggia - in mezzo a quelle che Procacci ha definito «le tifoserie» e che il produttore del film vorrebbe evitare, temendo la trasformazione di un film in un derby - sia quella di chi, come Carlo Repetti, direttore del Teatro Stabile, giudica l’opera di Vicari dal punto di vista puramente artistico, lamentando il fatto che troppi personaggi restino solo abbozzati, come fossero figurine del presepe. «E c’è un altro problema. Nel film rimangono solo sullo sfondo le motivazioni che portarono al blitz alla Diaz».
Perfetto. Repetti è un uomo che viene da sinistra, ma mai un uomo della sinistra nel senso organico del termine, un intellettuale vero che supera le caricature degli intellettuali. E - al di là di qualche scivolone, come don Gallo in palcoscenico (non perchè è don Gallo, ma per la sua resa scenica) o i cicli su Le grandi parole, un po’ troppo monodirezionali, soprattutto in questa edizione - Carlo è un ottimo direttore del Teatro, capace di mettere in scena una stagione coi fiocchi e coi controfiocchi. E, in tempi di tagli ai contributi, anche coi controqualcosaltro. Dirò di più: in tempi di individualismo esasperato, anche e soprattutto fra i teatranti, la collaborazione di Repetti con Pina Rando, Giorgio Gallione e il teatro dell’Archivolto, è qualcosa che fa estremamente onore a tutti. E spero che prestissimo si sani anche la ferita verbale seguita alla polemica, eccessiva da entrambe le parti, con il nostro amico Sergio Maifredi, uno che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Anche e soprattutto a Genova e in Liguria. Chiusa parentesi.
Insomma, Repetti. Il suo giudizio critico è qualcosa di prezioso in una platea in cui molti, a partire dall’assessore alla cultura Andrea Ranieri, tenevano più al proprio comizietto, che a raccontare Genova, davvero. Innamorati a tal punto della tesi dei poliziotti cattivi contro i manifestanti buoni da rimuovere completamente anche i primi, meravigliosi, cinque minuti del film, con le immagini dei manifestanti che assaltano le banche alla Foce e che sono un’ottima chiave di lettura per tutto il resto del film. Quelle scene - che sono il film di Genova, quello che nessuno dei sei o sette film realizzati fino ad oggi sul G8 ha raccontato - rischiano di essere quasi una parentesi, un inciso, un prologo a un’altra storia. Che, dichiaratamente e legittimamente, vuole essere un’altra storia.
E proprio qui sta il punto. Che fare un film di parte, dichiaratamente e anche onestamente di parte, ma di parte, come ha raccontato anche uno degli attori l’altra sera prima della prima, fa il peggior servizio al film stesso.

Che, dal punto di vista cinematografico, con un ottimo uso dei flash-back e del racconto differito, è davvero un ottimo film.
Ma, a furia di raccontare che in sala c’erano Carlo e Haidi Giuliani, si rischia di non avere più righe per scriverlo.

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