Di Pietro scopre che in Liguria ha un'Italia senza più Valore

Il Piano-Scialfa è andato in porto. Antonio Di Pietro è solo o quasi. In tutta la Liguria si ritrova con uno sparuto gruppetto di fedelissimi guidati dai consiglieri regionali Maruska Piredda e Stefano Quaini. Mentre a Tursi resterà Stefano Anzalone a innalzare il vessillo dell'Idv. Il resto è nulla. Ieri hanno formalizzato l'addio il coordinatore regionale (e deputato) Giovanni Paladini, sua moglie capogruppo in Regione Marylin Fusco, il vicepresidente della giunta Nicolò Scialfa e l'assessore Gabriele Cascino. Una scelta attesa ma forse ritardata dal fatto che un po' a sorpresa il leader nazionale li aveva seguiti e accontentati quando avevano tentato lo strappo per riportare il partito nel centrosinistra. Tonino è addirittura diventato un fan di Bersani e Vendola, ma non gli è bastato. Perché l'accordo pazientemente tessuto da Nicolò Scialfa con Massimo Donadi era ormai confezionato da tempo. L'«ammutinamento» era un delitto premeditato.
Già prima delle «idi di novembre» i congiurati avevano deciso di dare vita a un nuovo partito, tanto che oggi ne presenteranno in Regione sia il nome, sia il simbolo. Ogni indugio era stato rotto quando Di Pietro aveva riunito il comitato esecutivo nazionale, rassicurando sulla scelta di campo per riunificare il centrosinistra. Ma nella stessa sede aveva ribadito due concetti inaccettabili per la corrente di Donadi. L'attacco al presidente Napolitano era inaccettabile per chi ritiene al di sopra di qualsiasi critica chi occupa il Colle; la proposta di alleanza con Beppe Grillo non poteva essere accolta da chi temeva di perdere ogni posto insieme al nuovo compagno in forte ascesa. Senza contare che i sondaggi davano ormai in caduta libera l'ex pm di Mani Pulite.
Così il partito rischiava di dimostrarsi un'Italia senza Valori. E soprattutto senza posti disponibili. Ufficialmente ieri Giovanni Paladini ha spiegato la scelta con la volontà di «vincere con il centrosinistra per governare. Il partito diceva “nì” a questa proposta politica, noi invece siamo per una posizione netta». Ma intanto lo stesso Paladini, magari all'interno di un listone di sinistra o in quota al nuovo partito, è sicuro di avere la ricandidatura, visto che Scialfa, artefice dell'accordo a livello nazionale, non intende comunque puntare a Roma. Non lo vuole ammettere, anzi non vuole proprio commentare quanto sta accadendo, ma l'unica frase che si concede riguarda la stabilità della sua poltrona al fianco di Claudio Burlando: «Dimissioni da vicepresidente? Non mi pongo il problema. Non esiste. Comunque deciderà il governatore, non mi interessa salvare il posto».
E Di Pietro? Quanto alle dimissioni di tre parlamentari (tra cui Paladini) finge di averla presa bene: «È stata una separazione consensuale.

Sono molto contento di aver portato brave persone in Parlamento e mi auguro che possano continuare a fare politica e confrontarsi nel merito con noi. Non c'è polemica». Intanto domani Tonino sarà a Genova, per fare chiarezza nel partito. Sempre che ne trovi ancora uno.

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