«A Melanie, la ragazza del primo piano della scuola». La dedica, che segue quella all'ispettore Filippo Raciti ucciso dagli ultrà durante gli scontri al derby Catania-Palermo e subito prima di quella a «Silvio e Rinaldo Romanelli, amici e grandi avvocati» è di Vincenzo Canterini. Ed è rivolta a una ragazza massacrata di botte durante l'irruzione alla Diaz. Subito un colpo di scena prima ancora che inizi il libro. Subito un avviso al lettore: nelle pagine che seguono non ci saranno più divise né divisioni tra buoni a cattivi. Melanie, che probabilmente avrà imprecato per anni contro Canterini e i suoi uomini ritenendoli dei carnefici, diventa un simbolo per gli stessi poliziotti, viene più volte citata come un esempio in grado di dimostrare che in quell'assurda notte gli sbirri non erano tutti uguali. A lei, a Melanie, Canterini dedica molto spazio nei suoi ricordi. E dalle sue parole non è difficile capire perché. Il comandante del reparto mobile ha un'immagine indelebile nella sua memoria. E così la racconta: «Feci qualche passo in più e trovai uno dei miei, inginocchiato e senza casco, che soccorreva come poteva una ragazza rannicchiata su se stessa. Aveva i capelli rasati, le trecce sulla nuca, il cranio fracassato da cui fuoriusciva sangue a fiotti e materia cerebrale. Il poliziotto che aveva dato lo stop alla mattanza e che vegliava sulla moribonda aspettando l'ambulanza era Fournier. Rimasi ipnotizzato da quella scena straziante, che mi fece pensare al Cristo sofferente tra le braccia delle Vergine. Sembrava la versione moderna della Pietà di Michelangelo. Era la pietà di Michelangelo Fournier».
Anche le frasi risuonate in quell'inferno di urla e di dolore restano nitide nella memoria di Canterini, che ricorda la rabbia e la disperazione del suo vice: «Comandante, questa ragazza è ridotta malissimo
». E così continuano i flashback dell'incubo: «Mi sincerai che i soccorsi fossero stati attivati e mi sentii interrompere. Già fatto comandante. Fournier, madido di sudore e inferocito col destino che l'aveva trascinato in quel baratro, evitò di dire altro. Tutt'attorno sentivo risuonare lamenti e gemiti spettrali, ma davvero non riuscivo a non distogliere la vista da quella ragazza che lottava con la morte aiutata da un ragazzo che nella vita aveva come missione di servire e difendere lo Stato e che per l'emergenza aveva rispolverato i suoi vecchi rudimenti di pronto soccorso alpino. Fino all'arrivo di un barelliere con la casacca arancione, dimenticai tutto. Di continuare il sopralluogo. Dei due miei poliziotti visti zoppicare malamente. Delle mazze, del maglio, dei bastoni disseminati un po' ovunque.
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