Se i Democratici liguri cancellano Renzi persino dai comunicati

Se i Democratici liguri cancellano Renzi persino dai comunicati

(...) Certamente, Occhi di maschio sarà un libro importantissimo, destinato ad entrare nella storia della letteratura e, chissà, un domani, a gareggiare per il Nobel. Ma, con tutto il rispetto per Daniela Brancati, siamo proprio sicuri che lei valesse tre comunicati e Renzi nemmeno uno? Nè del partito, nè del Comune? Eppure, nonostante tutto questo sforzo per nasconderlo, quel 13 aprile la sala - peraltro non particolarmente capiente - era ovviamente strapiena. Di gente normale, però, non di maggiorenti del Pd. Gli unici di cui è possibile trovare tracce fotografiche insieme a Renzi sono l’ex vicepresidente della Regione Massimiliano Costa, attualmente in panchina, che non è propriamente il capo delle truppe liberali italiane, e una persona perbene, educata e civile come il presidente del consiglio comunale Giorgio Guerello. Altri, non pervenuti.
Però, da quell’immagine, da questo piccolissimo episodio di un comunicato negato, si capisce proprio uno dei motivi dell’ostilità del Pd ligure nei confronti di Matteo Renzi. Basta citarlo e insorgono come un sol uomo, quasi abbaiando. Se la prendono con lui allo stesso identico modo dell’eurodeputato leghista Mario Borghezio che ha bollato i partecipanti alla convention fiorentina con le sue classiche espressioni e parole che fanno rima con «Berlusconi» e «alluvioni», ma sono meno gentili. Insomma, una sinistra contrapposta a quel Borghezio che ritiene il male assoluto, ma esattamente speculare a Borghezio.
Forse, a rendere Renzi strutturalmente e quasi antropologicamente opposto a gente che sulla carta di identità ha scritto, al massimo, «funzionario di partito», è il fatto che abbia lavorato fin da ragazzo, facendo lo strillone e gestendo gli strilloni dell’azienda di famiglia. Mestiere che mi è particolarmente caro, visto che è quello con cui mi sono guadagnato i primi soldi, chiusa parentesi.
E sapete qual è la cosa che dimostra l’incompatibilità, la distanza siderale, ammessa anche da Marta Vincenzi e da Sergio Cofferati, delle idee di Renzi e dei renziani con quelle del Pd genovese, persino dei giovani, nel momento in cui una bravissima persona come Lorenzo Basso dichiara - contro ogni legge di mercato - che nei cantieri di Sestri vanno costruite navi, solo navi, nient’altro che navi, anche se nessuno ordina le navi a Fincantieri, nè a nessun’altro al mondo?
Vedete, credo che il discorso più bello sentito alla Leopolda, a mio parere, sia stato quello di Alessandro Baricco, nel momento in cui - da uomo di sinistra - ha ammesso, con parole che suonavano pressappoco così: «Pensavamo che il primo compito della sinistra fosse quello di difendere i deboli, un ottimo punto di partenza, ma abbiamo fallito. Perchè credevamo che i deboli si difendessero conservando l’esistente. E invece si difendevano cambiando l’esistente con la dinamica, non fermandosi». Insomma, una lucidissima critica a chi difende solo i già garantiti, dimenticandosi i non garantiti. Occorre avere il coraggio di dire che, in casa del Pd genovese e ligure, invece, non c’è niente di tutto questo. E, ogni volta che c’è un problema, scatta una difesa corporativa di interessi già garantiti. Proprio come ha detto bene Matteo Renzi nella lettera al Corriere della sera: «Uno schieramento di centrosinistra non può essere progressista nel nome e conservatore nelle scelte». E via di riforma delle pensioni, di privatizzazioni, di dimezzamento dei costi della politica e di «superamento dell’apartheid tra chi è già garantito e chi sta fuori dal sistema del welfare».

Parole sacrosante, parole di una sinistra europea, socialdemocratica, riformista, vera.
Ma parole che nella sinistra ligure dei Burlando, delle Vincenzi, dei Margini e persino dei Basso e dei Rasetto, non si sentono. Il punto è tutto qui.

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