Se l'Enpa si tiene i soldi di Padre Pio

La notizia dell'inchiesta in corso sui soldi dell'Enpa, l'associazione nazionale protezione animali, finiti in ville sul Mar Rosso, cliniche private, hotel di lusso, scooter e prelievi misteriosi, potrebbe aver aperto un filone quantomai scabroso. L'anticipazione del Giornale sulla destinazione dei soldi che ignari e benemeriti donatori versavano per la cura degli animali ha portato una serie incredibile di segnalazioni che potrebbero rappresentare altrettanti scandali nei quali sono coinvolti esponenti di primissimo piano dell'associazione (o ex esponenti dimissionari) a livello nazionale e genovese. Nuovi casi di possibili usi personali di beni dell'ente, quindi azioni che avrebbero danneggiato i tanti animalisti di cuore e la stessa Enpa, che però fino ad ora non sembra aver denunciato gli eventuali responsabili.
Un caso clamoroso è quello che riguarda un lascito testamentario molto ricco. Della vicenda si era occupato il sito online «Edizioni Oggi» con un accurato servizio. E tutto nasce ancora una volta a Genova, nel 2006. Il 2 febbraio di quell'anno un notaio diede lettura del testamento olografo di una defunta che lasciava tutti i suoi averi alla sezione genovese dell'Enpa. Si trattava di numerosi beni immobili e di denaro contante. La benefattrice aveva inserito alcune clausole ben precise nel testamento e addirittura aveva lasciato 5.000 euro per pagare un avvocato affinché si prendesse cura di eseguire le sue disposizioni. Non solo, aveva persino indicato il nome del professionista e quello di un «supplente» nel caso il primo non avesse accettato l'incarico. Tutto fatto con una precisione estrema, anche dal punto di vista formale, con firme, bolli e sigilli al posto giusto.
Questo anche perché nel testamento era scritto chiaramente che tutto sarebbe dovuto andare all'Enpa Genova, a patto che prima venissero versati 50.000 euro alla «Casa di Sollievo della Sofferenza» di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, 10.000 euro all'«Opera don Guanella» (il Ricovero San Giuseppe) di Roma, 10.000 euro all'Associazione Amici del Cane di Genova e ancora 10.000 euro alla parrocchia di San Paolo di Genova. Un totale di 80.000 euro cui se ne aggiungevano circa altri 20.000 indicati in un altro documento formalmente registrato il 20 ottobre 2003 sotto forma di «Aggiunta al testamento olografo».
Il consiglio nazionale dell'Enpa aveva ovviamente accettato il testamento che portava alla sezione genovese un bel po' di soldi e di beni immobili. Ma il tesoriere nazionale, sempre Piermario Villa, l'ex assessore genovese al traffico con la pipa al posto della patente, aveva poi provveduto a comunicare all'associazione che il valore del testamento era assai inferiore alle attese. A suo avviso molti immobili sarebbero stati da restaurare profondamente, altri avevano inquilini che pagavano affitti bassi. Insomma, aveva spinto perché quei beni lasciati ad Enpa venissero venduti. Circa trenta «pezzi» tra terreni, immobili, e beni vari, che sempre su indicazione di Villa si sarebbero dovuti vendere a un unico soggetto.
Il suggerimento del tesoriere era stato accettato dall'ente e così tutta l'eredità era passata per 2 milioni e 700mila euro alla società «Hiram - Promozioni e Iniziative Immobiliari».
Che si sia trattato di un affare, e soprattutto per chi, sarebbe curioso da capire. Ma a prescindere da simili valutazioni, resta il fatto che ad Enpa restavano un bel po' di soldi. Ma con quasi tre milioni di euro la meritoria associazione che si batte per difendere gli animali non ha mai trovato modo di rispettare la volontà della benefattrice che aveva destinato centomila euro ad altri enti quantomeno altrettanto meritori che si battono per aiutare gli esseri umani in difficoltà. A tutt'oggi non risulta che questi centomila euro alle comunità di Padre Pio o di altri enti benefici (ma neppure agli Amici del Cane di Genova) siano stati consegnati come da volontà della defunta. Che peraltro nel testamento indicava chiaramente un tempo massimo di 60 giorni dalla lettura del documento, perché venissero rispettati versamenti.


Questi 2 milioni e 700mila euro dovrebbero, al netto di quanto potrebbe emergere dall'inchiesta condotta dal pm Nicola Piacente, trovarsi ancora nelle casse di Enpa Genova, quella sezione che a detta dell'attuale commissario Massimo Pigoni, non avrebbe neppure i soldi per la benzina, essendo costretta a lasciare morire di stenti e di freddo un daino o una gru, come accaduto recentemente a Genova.

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