Cronache

Le smentite confermano: Becchi è l'ideologo grillino

(...) secondo cui la sparatoria a Palazzo Chigi avrebbe fatto comodo a Letta. “I due concetti - dice di Maio - non sono abbinabili“». Ora, già qui c'era un po' di confusione, visto che il discorso sul cui prodest non è mai stato smentito da Becchi, ma anzi ribadito a più riprese. Con una pratica tutta italiana per cui occorreva sempre vedere cosa c'era dietro. Mentre, quasi sempre, sarebbe bastato guardare cosa e chi si aveva davanti o accanto per evitare tragedie.
Sempre giovedì, sempre l'Ansa, ore 19,15. «Arriva la presa di distanze di Beppe Grillo dalle parole di Paolo Becchi. Sul blog del leader del MoVimento Cinque Stelle è infatti stata postata la nota congiunta con cui deputati e senatori prendono le distanze dalle parole choc del professore genovese». E, ovviamente, la nota congiunta era stata già divulgata qualche minuto prima con i soliti asterischi di urgenza e con la solennità solitamente destinata agli annunci storici. Il comunicato ufficiale assurto a prima notizia del sito grillino spiegava: «In merito alle “uscite“ odierne del professor Paolo Becchi in diversi mezzi di comunicazione, i gruppi parlamentari del MoVimento Cinque Stelle di Camera e Senato prendono nettamente le distanze da tutto quanto proferito dal docente dell'ateneo genovese. Inoltre si ribadisce che il professor Becchi non è un ideologo del M5S, si tratta semmai di un'etichetta attaccata al personaggio sulle cui posizioni deputati e senatori non si riconoscono affatto». Già, «il personaggio».
Mica finita. L'onnipresente presidente dei senatori Vito Crimi spiegava che «Becchi è in realta un semplice simpatizzante e le sue idee sono espresse a titolo personale», finchè un tweet di Beppe Grillo, sempre quella sera, ha chiuso definitivamente la questione: «Becchi non rappresenta il M5S». Parole che, immediatamente, il capogruppo pidiellino alla Camera Renato Brunetta aveva avuto gioco facile a chiosare: «Colpisce la cosiddetta presa di distanza di Beppe Grillo e dei rappresentanti parlamentari del MoVimento. È di una timidezza e di un pallore da dame dell'Ottocento. “Non ci riconosciamo“, “non ci rappresenta“, un politichese che somiglia a un brodino doroteo. Il tradizionale “vaffa“ di Grillo e dei suoi, se non ora, quando?».
E il quadretto idilliaco era completato dalla successiva autodafè del prof, con capo cosparso di cenere, sempre su twitter: «Mi dispiace dal profondo del cuore di aver danneggiato il M5S. Sono caduto nella trappola che io stesso avevo previsto. Tolgo il disturbo».
Ora, certo, fa sorridere il fatto che il professore di filosofia del diritto di via Balbi - un ottimo professore, avvincente nelle sue lezioni, testimoniano i ragazzi che hanno raccontato la scena da Attimo fuggente in cui si è alzato in piedi sulla cattedra per farsi vedere da tutti gli studenti - parli via Twitter. Tutti i suoi colleghi, ad esempio, raccontano che il suo rapporto con i computer non era dei migliori. Esattamente come quello di Grillo nel bellissimo spettacolo in cui ne sfasciava uno a mazzate, prima di incontrare Gianroberto Casaleggio e convertirsi sulla via del web.
Ma, al di là del contesto, il problema è il testo. Il problema è che il «tolgo il disturbo» era fondamentalmente uno scherzo. Come le varie prese di distanza. Infatti, è bastato lasciar passare pochi giorni per imbattersi, sul blog di Grillo, in nuovi attacchi di Becchi a Napolitano, vari ed eventuali. E l'autodafè è stata completa, quando, fra gli applausi entusiastici dei frequentatori del blog, Beppe Grillo ha annunciato con il solito tweet: «Paolo Becchi e il tritacarne mediatico. Il professore ha scritto questo messaggio chiedendo la comprensione di tutti gli attivisti». E poi, giù di mea culpa: «Sono stato un grande ingenuo e sono caduto nella trappola che io stesso avevo previsto. Ho sperimentato sulla mia pelle che cosa significhi finire nel tritacarne del circo mediatico del nostro Paese. Una ragione di più per suggerire a tutti di non partecipare a programmi radiofonici o televisivi». Trattasi dello stesso Becchi che, qualche giorno prima, dopo un altro polverone sempre su Preiti scatenato da un consigliere comunale torinese, ammoniva, su Twitter, ça va sans dire: «Vittorio Bertola è un ingenuo ed è caduto in una trappola. Ragazzi del MoVimento non fate altrettanto! È la prima di una serie di trappole!». E si tratta dello stesso Becchi che, quattro giorni prima del polverone a La zanzara, diceva le stesse cose. E il post in home page del sito grillino intitolato Mezzogiorno di fuoco a Palazzo Chigi tornava a proporre la questione del cui prodest, evidentemente una passione del prof.
Per la cronaca, parti di quel commento sono state citatate da Claudio Messora, uomo della comunicazione dei Cinque Stelle, e ri-twittate, praticamente una consacrazione per il mondo del web, dallo stesso Grillo il 29 aprile: «Questo governo poterà il Paese alla catastrofe, di questo è responsabile il Modello Unico e non il M5S», dove «Modello Unico», per Becchi (e Grillo) o per Grillo (e Becchi) è la comunità di obiettivi fra Pd e Pdl.
Insomma, il prof non sarà l'ideologo pentastellato.

Ma ci somiglia tanto.
(2-fine)

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