2 LA RIFLESSIONE
Ripensare al passato aiuta
e tenersi in forma oggi
Caro Lussana, recenti studi hanno appurato che del nostro cervello conosciamo sì e no il venti per cento. In attesa di scoprire le meraviglie della preponderante parte rimanente, la cosa migliore da fare è mantenere il tutto in attività, pensando quanto più intensamente possibile. Lei, con la sua iniziativa sulle cose perdute (ma non dimenticate) si è reso benemerito, stimolando tutti a tener viva la memoria. Mi pare di capire che tra i lettori si sta determinando una specie di catena di ricordi i cui anelli emergono uno dopo l'altro in una sorta d'associazione d'idee, immagini e suoni, che... minaccia di non fermarsi più. La cosa fastidiosa è che insieme a ricordi piacevoli e curiosi riemergono tracce (anche consistenti) di cose inutili e magari moleste. Usando il computer, lei sa che dopo aver selezionato ciò che non serve più, con un clic si manda tutto nel cestino e poi, se opportuno, con un altro clic se ne eliminano definitivamente le tracce. Nel cervello non c'è verso. Affiora di tutto, persino numeri di telefono di quarant'anni fa che non riesci a dimenticare. Per contro, quando cerchi di ricordare un nome o un'espressione lessicale che ti occorre per dare forma a un discorso importante - macché, non se ne parla proprio! Poi, due ore dopo, mentre ti stai lavando i denti e stai pensando che non ti devi scordare di comprare il dentifricio perché ormai è quasi finito, ecco improvviso il flash: John Carradine (comprimario di John Wayne in «Ombre rosse» di John Ford, del lontano 1939). In questi casi (ove sfido qualunque luminare di psicopatologia clinica a spiegare l'eventuale nesso tra film western e dentifricio) le mie reazioni prendono corpo, anzi voce, in modo assolutamente sconveniente...
Detto questo, segue una breve ma fitta esposizione di fatti ed oggetti le cui immagini si sono ripresentate in superficie, giusto tra ieri e oggi. Ecco apparire le biciclette. Le più ambite erano le Bianchi, le Taurus, le Dei. Ma erano molto costose. Figurarsi! Alcune disponevano nientemeno che del «contropedale», una sorta di lucido manicotto metallico posto sul mozzo della ruota posteriore, la cui funzione era quella di frenare il moto al semplice girare dei pedali all'incontrario. (Cose che oggi... nemmeno i razzi lunari!).
La mia era una modesta Pesenti (di produzione artigianale bergamasca), nera, pesante, ma robusta, con tanto di dinamo che forniva la luce al faretto posto al centro del manubrio e poi l'«amba» (specie di spesso anello di gomma posto poco oltre la manopola destra, atto ad appoggiare al muro il veicolo in caso di sosta) e la «gemma» rossa (placca catarifrangente), avvitata sul parafango posteriore. Infine, il campanello fissato dalla parte opposta all'amba: si suonava col pollice sinistro (drin, drin). Povero, caro mio cavallino di ferro! Sei finito in fondo al Tirreno, silurato dalla «perfida Albione», nel corso di un viaggio di trasferimento dalla Sardegna. Correva l'anno 1943. Devo smettere, per questioni di spazio e di... commozione. Ma Caro Lussana, non si libererà di me troppo facilmente.
Franco Ferrara
2 CONTADINI VERI
Quando l'Italia era povera
le campagne erano più sane
Quando l'Italia era «povera» i campi erano coltivati a grano utilizzando buoi per arare, falci per mietere e trebbiatrici a mano, il alto sui monti. Il fieno veniva sfalciato, essicato e raccolto per essere imballato e inviato a valle tramite teleferiche che arrivavano vicino la dove c'era il capolinea della corriera. C'era anche chi lo portava a spalle, in balle dal peso di circa 100 kg in su, per le sue mucche nella frazione di Bragalla (circa venti minuti di cammino in salita dalla strada) camminando a piedi scalzi facendo quattro o cinque viaggi dalle prime luci dell'alba a mezzogiorno. Ti posso testimoniare che allora gli incendi erano molto più ridotti perché ovviamente, prati e boschi erano più curati, oggi se invece di fare tanti inutili corsi per i giovani, si insegnasse loro a fare qualcosa di concreto, magari dandogli anche opportuni incentivi e premi forse, avremmo meno latte importato, più gustoso, perché l'erba ligure sente l'aria di mare, e spenderemmo molto meno in interventi di canadair che oggi sono altamente specializzati a lanciare pesci nei boschi.
2 HANNO CAMBIATO I GIOVANI
Un tuffo negli anni Ottanta
con le prime discoteche
Ricordare le cose del passato non è mai opera banale e tanto meno inutile. Come spesso accade nella vita nell'album dei ricordi piace fermarsi agli anni delle crescita e della formazione in rapporto ad una specifica fase per la vita della città. Il mio contributo umano trova nei primi anni'80 una fotografia di Genova che mi ha profondamente segnato. Per chi ama lo sport ed il calcio a Genova ed in Liguria sono stati anni non facili dal punto di vista della pratica. I famosi «campetti» in terra battuta e delle «piazzette» che oggi sembrano lontanissimi, hanno visto crescere intere generazioni di giovani. Nell'immaginario popolare giocare a calcio voleva dire andare a sporcarsi in mezzo alla terra e sottrarre tempo allo studio. Era una Genova diversa per i tempi ed i modi del vivere quotidiano. Si potrebbe sintetizzare con una battuta, c'è era più unione fra le persone e voglia di condividere esperienze. A quell'epoca non c'erano i computer e la vita di relazione si svolgeva per buona parte del tempo all'aperto.
Giocare a Borzoli, al vecchio campo di Molassana e di Ligorna voleva dire segnarsi le gambe con il terreno di giuoco, mentre il Pio XII, che era in terra più morbida, era il massimo che la città poteva proporti. I campi verdi «in sintetico» erano impensabili, tanto che a 35 anni già smettevi di giocare. Oggi grazie alle novità, si pratica il calcetto fino ai sessant'anni e tutti giocano anche quelli che da giovani non si avvicinavo al pallone. Sono stati anche gli anni delle prime discoteche a Genova in via XX Settembre, a Sturla e a Molassana. A quell'epoca molti sottovalutarono quel fenomeno di costume giudicandolo molto sommariamente «momentaneo» e non rilevante ai fini dello sviluppo nella personalità dei giovani.
Gian Luca Fois
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