Toda joia, toda bellezza

(...) su chi sono i deboli. Io non penso che lo siano i frequentatori dei centri sociali, ma chi non è più del tutto proprietario della propria casa. Io non penso che lo siano gli zingari, ma chi subisce i furti o i bimbi rom mandati a rubare. Non penso che lo siano i lavavetri, ma gli automobilisti presi a calci. E mi fa piacere che queste idee si facciano strada, anche a sinistra: c’è arrivato persino un «duro» come Curzio Maltese sul Venerdì di Repubblica. Luca Ricolfi sulla Stampa fa di più: «In materia pensionistica, i diritti dei giovani vengono calpestati a favore dei privilegi dei cinquantenni. Nelle politiche del lavoro, i diritti dei disoccupati, dei lavoratori in nero, dei precari sono sistematicamente subordinati a quelli degli occupati forti, dipendenti pubblici e delle grandi imprese. Nell’istruzione, l’abbassamento degli standard penalizza i ragazzi dei ceti più umili, mentre i figli di papà possono tranquillamente rifarsi grazie alle risorse familiari. Sul territorio, la tolleranza per la microcriminalità protegge i prepotenti e mette a rischio i soggetti più vulnerabili, donne e anziani.

Per non parlare dell’immigrazione, dove l’incapacità di espellere i criminali e i clandestini rende la vita più difficile innanzitutto agli immigrati onesti. Chi sono i veri deboli? Questa è la domanda cui - a sinistra - non si riesce più a dare una risposta condivisa».
Caro Bellezza, secondo me, sul Buridda la sua è la risposta sbagliata.

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