Viaggiare per ventiquattro chilometri e osservare dal finestrino soltanto alberi, boschi, natura. Planare lentamente su Genova seguendo il percorso degli antichi forti di Levante, per vedere la val Bisagno farsi sempre più vicina. Tenere inaspettatamente compagnia ad un falchetto che fino a un momento prima, fermo sulle correnti ascensionali, credeva di essere lì da solo a dominare la città.
Il bello della ferrovia Genova-Casella è da sempre nell'atmosfera del viaggio: un po' treno del West, un po' macchina del tempo. Ultimamente, però, i segni del passato sono un po' troppi nel piccolo mondo del «trenino» di Casella, dove si manifestano sotto forma di incuria e abbandono, sia delle fermate che dei vagoni.
Basterebbe la sola stazione capolinea di Casella a spiegare di che si tratta. Dove c'era un bar, ora c'è una stanza tristemente vuota. Vuoto anche lo sportello da cui un tempo si affacciava un operatore dell'ufficio informazioni e accoglienza turistica del Comune. L'unica accoglienza riservata al viaggiatore è quella di un cartello scritto a mano: «L'ufficio Iat si è trasferito presso la Pro Loco» e si trova, insomma, dall'altra parte dello Scrivia, piuttosto lontano da quello che - in teoria - dovrebbe essere il primo punto d'approccio turistico del paese. La stazione del trenino invece rimane totalmente sguarnita di qualsivoglia anima viva. Il risultato è visibile nelle cartacce per terra e nelle scritte sui muri: il biglietto da visita della Casella-Manin.
A bordo, sempre escludendo il panorama, la situazione non è delle più felici. La gentilezza del personale Amt (il biglietto si acquista in carrozza: 2 euro e 30 per un viaggio di sola andata da capolinea a capolinea) non può nulla contro le condizioni del materiale rotabile. Delle sei motrici con posti a sedere in servizio, la più giovane è stata costruita nel 1998 e sottoposta l'anno scorso ad un restyling esteriore. Restyling che è invece stato radicale, nel 2010, per il locomotore numero 5, risalente al 1957 e arrivato in Liguria dopo lungo servizio sulla ferrovia umbra Spoleto-Norcia. Discorso diverso per le altre: un terzetto di macchine acquistate nel 1993 dall'allora società che gestiva la linea è in servizio assiduo da 19 anni. La mitica «A1», infine, ha appena compiuto 83 anni: l'ultimo intervento di restauro ha riguardato solo l'esterno. Delle carrozze, due risalgono a metà anni Novanta, tre al 1980. E così, dopo avere contemplato qui e là gli squarci nei sedili, si può distogliere lo sguardo e notare le condizioni di quasi tutte le fermate intermedie. Casottini invasi da erbacce, oppure stazioni vere e proprie ormai chiuse e abbandonate. Quella di Campi sembra la meno peggio. Per forza: lo scorso 23 giugno proprio lì si è dato da fare un gruppo di volontari radunatisi spontaneamente in un gruppo Facebook, «Salviamo il trenino di Casella». Si tratta di alcuni utilizzatori abituali della linea, che hanno dimostrato di aver capito la doppia valenza della ferrovia: mezzo di trasporto quotidiano per i residenti di Comuni come Casella, Serra Riccò e Sant'Olcese, ma anche potenziale grimaldello turistico da Genova verso l'entroterra. Armati di «pennacco» e decespugliatore, i «salvatori» hanno riportato la fermata ad uno stato di decoro più che accettabile. Dove non intervengono i pendolari-volontari, dovrebbe - in teoria - arrivare la mano del gestore della linea. È stata Amt, nel 2010, ad aggiudicarsi le chiavi del trenino, dopo che la Regione, proprietaria della linea, aveva deciso lo scioglimento della società partecipata che la gestiva. Tra Regione e Amt vige un contratto che scadrà nel 2019: fino ad allora, l'azienda municipalizzata genovese ha l'obbligo di manutenzione di tutte le infrastrutture.
Ma le potenzialità della linea restano sottovalutate da chi di dovere, a parte le estemporanee iniziative come la creazione del «treno storico» che, a noleggio e occasionalmente, porta a spasso le sue carrozze d'epoca, stavolta dichiaratamente. Una situazione che allarma Pietro Scalise, noto ristoratore casellese, che dal suo ristorante «Centrale» si affaccia sulla piazza del paese e crede fermamente in Casella come il «vero salotto della Vallescrivia.
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