Vinai come la Polverini: un’utopia che si realizza

Vinai come la Polverini: un’utopia che si realizza

(...) nazionale e anche su quello genovese grazie al miracolo di Pasquale Ottonello che, in poche settimane, ha messo in piedi lista, firme e campagna per «Città Nuove».
Ecco, proprio «Città Nuove», insieme a «Liguria Moderata» di Andrea Cambiaso ed Enrico Cimaschi, è la vera sorpresa di queste elezioni. Il valore aggiunto che accompagna Vinai, insieme alla forza tranquilla delle liste classiche di Dc e Monarchici e del Pdl, in qualche caso fin troppo tranquilla e tesa alla propaganda di questo o quel concorrente di lista rispetto al candidato sindaco.
Ma, per l’appunto, anche tutto questo aiuta moltissimo il parallelo con le regionali del Lazio. Con un’impresa ritenuta impossibile ad inizio della campagna elettorale e poi concretizzatasi giorno dopo giorno, sondaggio dopo sondaggio, ma soprattutto mercato rionale dopo mercato rionale. Condendo con contenuti «di sinistra» - ma di sinistra vera, quella nobile, quella sana, quella pulita - una campagna elettorale e un programma che solo per comodità viene classificato «di destra». E, invece, nella Polverini e in Vinai si riesce ad abbinare il meglio della destra al meglio della sinistra.
Ecco, il paragone fra i due è perfetto anche nell’evoluzione delle cose. Un mese fa nessuno o quasi (soprattutto nel Pdl) avrebbe scommesso un centesimo sull’approdo di Vinai al ballottaggio e tutti pensavano che, in caso di ballottaggio, il campione dei moderati sarebbe stato certamente Enrico Musso. Erano giudizi che si basavano su sondaggi. Che erano carta straccia, così come sono carta straccia quelli che oggi dicono il contrario. Ma, certo, la rimonta c’è stata. Anche grazie alla chiarezza e al coraggio di Vinai in campagna elettorale, dato che - comunque vada - Pierluigi è stata la vera rivelazione di questi mesi. Si fosse perso meno tempo nella sua designazione, forse saremmo qui a raccontare una storia ancor più bella.
Più bella, forse. Meno epica, certo. Perchè la rimonta quotidiana è certo più affascinante. E che sia lui (ma anche Musso, Rixi o chi altro) ad arrivare al ballottaggio, vi assicuro che stiamo qui a raccontare una storia ancora tutta da scrivere.
Non lo dico io, lo dicono i precedenti elettorali. Ci sono stati candidati partiti dal 49,8 per cento al primo turno sconfitti da quelli che partivano dal 20 per cento. E, se è vero che, storicamente, sono stati quelli di centrodestra a dilapidare il proprio vantaggio, è anche vero che lo stesso Francesco Rutelli a Roma si fumò tutto il vantaggio nei quindici giorni fra il primo turno e il ballottaggio che portò Gianni Alemanno in Campidoglio. Diverso è il discorso su come Alemanno ha fatto il sindaco, ma non è questa la sede per analizzarlo, noi ci limitiano ai semplici e freddi dati percentuali.
Insomma, se Vinai o chi per lui arriva al ballottaggio (e ci sono tutte le condizioni perchè arrivi al ballottaggio), la partita è assolutamente aperta, anche perchè a quel punto - nell’uno contro uno - avrà vita facile contro Marco Doria. Che non potrà più contare su incredibili autogol come quello dei contestatori di Palazzo Ducale che, difendendo apparentemente il loro diritto di parola, hanno ottenuto lo straordinario risultato di evitare al professore di centrosinistra la sfida diretta contro i suoi antagonisti che avrebbero potuto metterlo in difficoltà. Insomma - al di là degli oggettivi difetti organizzativi del dibattito messo in piedi al Ducale, con l’errore iniziale di discriminare alcuni candidati, invitati sì, ma a una trasmissione del giorno prima - coloro che hanno contestato e impedito il faccia a faccia, oltre a non rispettare le leggi dell’educazione, della tolleranza e del rispetto, hanno fatto il regalo più grande che si poteva fare a Marco Doria. Evitargli un confronto sul merito con i suoi competitor. Geniale no?
Ultimo piccolo particolare.

L’altro giorno, Renata Polverini ha raccontato di come abbia più volte diffidato i suoi candidati in campagna elettorale dall’affrontare il tema del suo predecessore Marrazzo e dei trans, nonostante almeno dieci volte al giorno ci fosse uno spin-doctor o un consigliere che diceva di puntare sulla questione «trans».
Insomma, la Polverini ha puntato sulla politica. Come Vinai. Ed ha vinto. Interessante.

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