Palermo - È stato tradito dai pizzini trovati nel covo del capo mafia Bernardo Provenzano il giorno della sua cattura, avvenuta l'11 aprile di un anno fa a Corleone (Palermo), Giovanni Genovese, 36 anni, presunto capo mandamento di San Giuseppe Jato, arrestato all'alba di oggi dai carabinieri. Secondo quanto emerso dall'indagine coordinanta dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dai pm Roberta Buzzolani, Maurizio de Lucia e Francesco Del Bene, Genovese, accusato si associazione per delinquere di stampo mafioso, sarebbe stato in contatto non solo con Provenzano ma anche con altri due boss mafiosi latitanti. Il nuovo capo di Cosa Nostra Salvatore Lo Piccolo e Giovanni Raccuglia. Genovese, come risulta dai pizzini rinvenuti nel casolare di montagna dei Cavalli sarebbe stato per anni il referente di Cosa Nostra nella zona di San Giuseppe Jato, dove è stato arrestato questa mattina dai carabinieri di Monreale (Palermo).
Il presunto boss è stato citato più volte nelle lettere che Lo Piccolo inviava a Bernardo Provenzano durante la latitanza. Nonostante fosse sorvegliato speciale, Giovanni Genovese avrebbe continuato a gestire per molto tempo la cosca mafiosa del posto imponendo il pagamento del pizzo a imprenditori e commercianti. Secondo i magistrati parte delle somme incassate illegalmente veniva inviata all'allora latitante Provenzano. Giovanni Genovese sarebbe stato in contatto con il boss Provenzano grazie all'intermediazione di Salvatore Lo Bue, finito in manette dopo l'arresto del padrino di Cosa Nostra con l'accusa di avere curato la latitanza di Provenzano.
Il padre di Giovanni Genovese, Salvatore Genovese, venne arrestato nel 2000 dopo 7 anni di latitanza. Adesso è sottoposto al regime del carcere duro, il 41 bis. Anche il nonno dell'arrestato, Giovanni Genovese, omonimo del più giovane, era un vecchio boss mafioso di San Giuseppe Jato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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