Roma - S’affaccia dal piccolo schermo, con una faccia da divo anni Quaranta, e consiglia caffè, liquori, giacche, forte d’una voce ipnotica quanto gli occhi scuri. Spunta dalle riviste patinate con la classica villa da sogno: la sua, sul lago di Como. «È un lago magnifico, va ripulito», dice. E intanto impara l’italiano, almeno la prossima volta che va a visitare i vecchietti d’una casa di riposo comasca, non si farà cacciare, com’è successo di recente. È di George Clooney che si tratta, uno di noi, oramai, da quando il fascinoso attore, regista e produttore premio Oscar, che deve la sua popolarità alla serie televisiva ER - Medici in prima linea, ha trovato l’America in Italia. «Cerco di trascorrere qui almeno tre giorni a settimana», specifica il divo, così conteso da diversi marchi nostrani, da dedicare parecchio del suo tempo al ramo fashion. Niente di meglio del Bel paese, dunque, per il lancio europeo della commedia sofisticata, In amore niente regole (da venerdì nelle sale), di cui firma la regia, la terza dopo il concettoso noir Confessioni di una mente pericolosa e l’impegnato Good Night, and Good Luck. E stavolta, figura nel ruolo di un ambizioso allenatore di football, una simpatica canaglia di nome Dodge, sempre pronto a gettarsi nella mischia. In nero, come la sua partner Renée Zellweger, per la prima volta insieme al tenebroso filoitaliano in questo piacevole film alla Billy Wilder (con battute a raffica e situazioni comiche, ma eleganti), l’artista sembra a suo agio. «Dirigere un film è come entrare in un gioco, pieno di trappole. Però ho avuto gioco facile, ispirandomi a certe commedie del vecchio cinema americano, che adoro, come Philadelphia Story, o Prima pagina, proprio perché avevo bisogno d’una tipica struttura d’epoca, volendo evitare ogni tipo di modernità», spiega l’interprete, che nelle schermaglie amorose, specie se retrodatate (qui siamo negli anni Venti, tra proibizionismo e charleston), sguazza come un pesce nell’acqua. Il suo ruvido capitano, pur di vincere in campo usa stratagemmi, che si chiamano «pesce in barile», o «coda del gatto», ideali per sopraffare il nemico, in barba alle norme. «Le regole? Personalmente, preferisco osservarle, ma mi piace quando gli altri le trasgrediscono. Non qui da voi, va da sé», osserva Clooney, che qui cura in modo quasi maniacale la fotografia, sui toni caldi del miele e del cuoio ovunque, pure negli sbuffi d’un treno a vapore. Al box office nordamericano, In amore niente regole è andato male forse perché gli americani, in piena recessione, non hanno una gran voglia di film rètro sui ruggenti anni Venti. Intanto, George qui si cava lo sfizio di fare la parte del nonnetto arzillo: glielo dicono in faccia gli avversari più giovani e lui pure si presta a giocarci su, riprendendosi di profilo, tonico mentre tende le natiche, lanciando la palla ovale o muscoloso, quando tira pugni.
E nella trasferta romana pre-elettorale, reduce da Londra, dove ha incontrato il premier Gordon Brown (per i problemi del Darfur, di cui si occupa), lancia un doppio endorsement: «Obama è un grande leader, con straordinarie capacità oratorie: mi ricorda Roosevelt, John Kennedy. Credo che Veltroni abbia la stessa forza: parla a tutti di speranza». Le simpatie politiche della celebrità Usa sono arcinote e sabato 12 quasi certamente le ribadirà in televisione a Che tempo che fa di Fabio Fazio. Per il futuro, il multiforme George ha in mente un’idea delle sue. «Sto pensando a un film, ispirato a un’opera teatrale, che racconti che cosa accade, veramente, dietro le quinte d’una campagna elettorale». Non poteva mancare, in tanto celebre engagement, un accenno alle vicende dei diritti umani in Cina.
«Non sono d’accordo con l’idea di boicottare le Olimpiadi di Pechino. Ma i diritti umani vanno difesi».Il nuovo Cary Grant, in effetti, non dovrebbe scivolare sul fango, come accade in questa sua ultima fatica, bensì sul velluto, così morbido.
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