Caro Granzotto, mi sembra che la calura estiva abbia colpito un po tutti. Ma come? Lesercito di uno Stato invade uno Stato vicino per «punirlo» (Strafexpedition) di presunti o veri soprusi nei confronti di una regione amica, lo occupa, saccheggia i suoi arsenali, si comporta da padrone limitando i movimenti dei suoi cittadini, se ne infischia degli inviti ad andarsene, tratta tutti come bambini dellasilo facendo finta di levar le tende, e lei invece ribatte: «be, sì... , però... , in fin dei conti... ». Insomma, colpa dellimprudente presidente georgiano. Mi scusi, ma non le sembra un po da «pierino» la sua posizione? Garantista a tutti i costi anche con questi «tipi»?
Ah, la Strafexpedition! Al solo nominarla ci ribolle il sangue, vero, caro Grossi? Uninfamia, una scelleratezza contraria ai diritti umani e disumani, una macchia perenne sul blasone dellAustria-Ungheria, che ebbe il cattivo gusto di invadere uno Stato (il nostro) che nulla aveva fatto per meritarsi una «spedizione punitiva». Nulla? Se ben ricordo nel 15 non entrammo in guerra per difendere i confini della Patria, che nessuno minacciava. Nel 15 fummo gli aggressori, non gli aggrediti. È vero, il 24 maggio «lesercito marciava per raggiunger la frontiera». Ma non «per far contro il nemico una barriera» quanto piuttosto per valicarla, la frontiera, e prendere a cannonate lallora austriaca Cervignano. Da dove, illudendosi di poter condurre una «guerra lampo», il generale Cadorna intendeva balzare su Gorizia e mettere così in ginocchio Cecco Beppe. Però, nonostante tre offensive, non riuscimmo a sfondare. A questo punto cosa avrebbero dovuto fare, gli austriaci? Con un esercito invasore in casa? Aprire un «tavolo di dialogo e di confronto»? Reagirono contrattaccando (la Strafexpedition) e solo allora, quando i «todesch» occuparono lAltipiano di Asiago, fummo costretti a «far contro il nemico una barriera». Non prima.
Così come ogni buon patriota tende a sorvolare sul carattere offensivo della guerra dichiarata allIntesa, ogni buon filo occidentale è portato a sminuire lirrompere dei carri armati georgiani in Ossezia, riducendo a semplice sopruso («presunto o vero», oltre tutto) quella che era unaggressione, un atto di guerra davvero punitivo nei confronti degli ossezi i due terzi dei quali di etnia russa. E la Russia, per questo e altri rilevanti motivi di segno geopolitico, ha reagito. Sicuramente esagerando, ricorrendo alluso sproporzionato della forza (che è poi lunica accusa che il consesso internazionale le muove), ma con le sue buone ragioni. Lo so da me, caro Grosso, che con un occhio al petrolio che transita proprio da quelle parti per giungere poi da noi e laltro rivolto ai mal di pancia imperialisti di Putin sarebbe stato nostro interesse che la Georgia se la fosse pappata in un sol boccone, lOssezia. Ma non mi chieda di considerare «buono» chi si fa di quelle mangiate e «cattivo» chi invece si adopera per strappargli il boccone di bocca.
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