Geronzi attacca: «Non ho svenduto Capitalia»

Geronzi attacca: «Non ho svenduto Capitalia»

da Milano

L’atmosfera era moderatamente festaiola, come si conviene a un raduno di oltre 3mila dirigenti impegnati a celebrare l’«Integration Day» tra Unicredit e Capitalia, dalla cui fusione prenderà vita, a partire da domani, Unicredit Group. Ma più che al brindisi e ai sorrisi, Cesare Geronzi è sembrato ieri incline al duello verbale, in risposta a tutte le polemiche - mediatiche e non - che ne hanno accompagnato la lunga estate calda. Una su tutte: aver architettato un moderno do ut des, ovvero la svendita di Capitalia a Unicredit in cambio della presidenza del consiglio di sorveglianza di Mediobanca.
Così, Geronzi si è difeso attaccando: «Noi, e men che meno io, non abbiamo mai pensato di vendere Capitalia per avere come contropartita la presidenza di Mediobanca». Segue una sorta di autoritratto professionale che miscela umiltà e ambizione: «Non ho mai perseguito cariche, ma ho sempre fatto quello che gli altri hanno voluto che facessi. Se l’ho fatto è perché qualcuno ha pensato che fossi l’unico che potesse farlo». E ancora, tirando questa volta in ballo Alessandro Profumo, numero uno di Unicredit: «Non ho ceduto nulla a Profumo come compenso per un appoggio alla carica di presidente e lui può testimoniarlo».
Ma Geronzi non si è sottratto neppure davanti a un altro tema delicato, quello dei suoi rapporti con Vincenzo Maranghi, l’uomo che per 40 anni aveva legato il proprio nome a quello di Mediobanca, essendo stato il braccio destro di Enrico Cuccia. Maranghi è scomparso nel luglio scorso; ai suoi funerali, Geronzi non aveva preso parte. Un’assenza imposta dai familiari di Maranghi, secondo i quali - in base alla ricostruzione fatta dal Sole 24Ore - la presenza non sarebbe stata considerata gradita, a conferma dei rapporti tesi tra i due banchieri. Ricostruzione che Geronzi ha liquidato sprecando poche, ma decise parole: «Prima della sua morte Maranghi mi disse se volevo essere presidente di Mediobanca». Di sicuro, però, Geronzi non condivideva le scelte strategiche di Piazzetta Cuccia dell’ultimo periodo maranghiano: «Da circa quattro anni - ha spiegato - questi due signori (Profumo e Geronzi, ndr) hanno concorso a riportare la calma nella gestione del mondo Mediobanca e contribuito al riassetto azionario che negli ultimi tempi di Maranghi aveva subito delle deviazioni».
Mediobanca finisce poi per incrociarsi inevitabilmente con la presunta freddezza di rapporti tra Geronzi e Profumo: «Divergenze ci sono sempre, ma comunque vengono gestite su un piano di rispetto reciproco e di umiltà», ha detto il banchiere romano. Con il numero uno di Piazza Cordusio, c’è «piena condivisione dei problemi che derivavano dallo sviluppo delle varie aggregazioni e dalla competizione sempre più complicata», un punto d’incontro essenziale per accelerare i tempi dell’aggregazione tra i due istituti. «Abbiamo cominciato a ragionare sulla fusione il 4 maggio e il 18 maggio l’abbiamo portata in consiglio», ha confermato Profumo.
Ora, è tutto pronto per la nuova avventura, con il debutto in Borsa da domani della nuova banca.

Il cammino non sarà ovviamente indolore: Profumo ha parlato di inevitabili «mal di pancia» dei quali «bisognerà parlare con l’obiettivo di crescere» e dell’obiettivo di diventare «la più agile tra le grandi». Anche se lo spazio per ulteriore acquisizioni è ormai esiguo. Semmai, c’è da tagliare, con la vendita dei circa 180 sportelli imposta dall’Antitrust.

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