«L'arte secondo me ha tre ruoli fondamentali: esprimere l'identità personale di un individuo, esprimere la cultura di provenienza, e creare delle connessioni». Sono parole di Yuval Avital, il musicista israeliano compositore, fondatore e direttore di «Magà Global Arts» e di altri progetti multimediali, oltre che chitarrista classico. È lui l' ideatore e direttore anche del «Trialogo Festival», l'appuntamento musicale che chiude questa sera la sua terza edizione nel chiostro del Museo Diocesano (corso di Porta Ticinese 95, ore 20, ingresso gratuito): sei musicisti provenienti da altrettante parti del mondo (Yuval Avital, alla chitarra e strumenti elettronici, Sainkho Namtchylak, dalla Mongolia, e Joe Legwabe dal Sud Afica, come voce e percussioni, Amelia Cuni, indiana, voce e drone, Bob Rutman, Usa, steel cello e Omar Bandinu, sardo, voce e flauto) si troveranno a suonare insieme musiche ad hoc, create proprio per evidenziare l'idea di confronto e distinzione per far nascere un'unità, consapevole e condivisa. «Sono nato a Gerusalemme -continua Yuval- che è l'esempio più drammatico d'incontro tra diverse culture e religioni.
Mi sono sempre posto domande su dove stia l'identità di un uomo, e io l'ho trovata in una forma di "ponte": sono completo quando mi sento in dialogo con altri, e la musica è un modo estremamente efficace per unire diverse voci». Così, questa sera, verranno suonati gli undici brani che i diversi musicisti hanno composto assieme per l'occasione, e saranno una miscela di sonorità classiche per ogni luogo rappresentato.Da Gerusalemme al Diocesano La musica dei popoli di Avital
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