Le gesta dei garibaldini raccontate da un testimone

Nella ricorrenza dei 15° anni dell'Unità d'Italia ripubblicato il volume «I mille: da Genova a Capua» opera del giornalista e garibaldino Giuseppe Brandi che si arruolò con il generale nizzardo.

L'anniversario dei 150 anni dell'Unità d'Italia richiama iniziative commemorative specifiche che le case editrici ormai preparano come fiori all'occhiello della loro programmazione. L'ultimo di questi in ordine di tempo è un volume ormai dimenticato dopo la lontana pubblicazione avvenuta postuma nel 1903 per i tipi di Salani. Si trattava infatti di un capolavoro della letteratura garibaldina scritto da un giornalisti che quegli eventi visse e dei quali fu protagonista in prima persona.
«I Mille: da Genova a Capua» (Mauro Pagliai editore, pp. 400, 14 euro) è infatti una testimonianza diretta di quegli storici eventi. Ad annotare e poi scrivere quelle pagine fu infatti Giuseppe Brandi, un giornalista che partecipò alla II guerra di indipendenza che nel 1860 decide di seguire Garibaldi nella sua impresa ed entra a far parte della spedizione del Nizzardo. Nativo di Gavorrano, nel Grossetano, nel 1834 Brandi fu perseguitato come mazziniano e volontario e nel 1870 abbandonò la carriera militare che gli fece guadagnare i gradi di maggiore con i quali terminò l'impresa garibaldina e si dedicò al giornalismo. L'autore del volume divenne infatti prima direttore e successivamente proprietario della Gazzetta livornese, quindi fu il fondatore del Telegrafo.
Nel volume che sarebbe uscito di lì a molti anni Brandi raccontò le gesta dei Mille. Si tratta ovviamente di pagine semi agiografiche che hanno tuttavia il pregio di raccontare, dal punto di vista di un osservatore che fu anche protagonista di quegli eventi, che cosa effettivamente accadde. Inutile dire che Brandi avrà sorvolato sugli aspetti più scomodi della spedizione ma offre comunque un quadro di ciò che sta alla base dell'unificazione dell'Italia. Il volume, di cui recentemente è stata presentata la ristampa, mai avvenuta da quel lontano 1903, l'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ebbe a dire: «È un omaggio alla nostra amata Toscana; alla ricchezza e alla varietà delle forme letterarie che questa terra ha saputo esprimere nel corso dei secoli, dalle voci più alte della letteratura di ogni tempo a quelle più schiettamente popolari, ma capaci di trasmettere l'eco genuina e fedele di tradizioni, di usanze, di caratteri di una comunità.

E ancor più valore assume perché l'opera di Bandi è una testimonianza diretta sull'impresa dei Mille, resa con lo stile del giornalista di razza che sa narrare i fatti con straordinaria disinvoltura e sobrietà di stile; con la passione generosa e lucida, a un tempo, di chi combatte per un ideale di libertà al quale è pronto a sacrificare anche la vita».

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