Venezia - Non costituirebbero reato ministeriale le espressioni e il gesto sull’Inno di Mameli usati da Umberto Bossi a Padova, per i quali risulta indagato come "atto dovuto". La conclusione è contenuta nella richiesta di archiviazione che accompagna l’invio del fascicolo per l’ipotesi di reato di vilipendio trasmesso al tribunale dei Ministri dal procuratore aggiunto della Repubblica di Venezia Carlo Mastelloni.
L'apertura del fascicolo Il fascicolo era stato aperto dalla procura della Repubblica di Venezia sulla base di una nota informativa della Digos di Padova riguardante il discorso fatto da Bossi nel corso del congresso della Liga Veneta, il 20 luglio scorso. Mastelloni, in accordo con il procuratore della Repubblica Vittorio Borraccetti, trasmettendo gli atti al tribunale dei Ministri - visto che in questi casi la procura non può fare alcuna indagine - ha proposto l’archiviazione. Non si sarebbe trattato, infatti, di espressioni in rapporto strumentale con l’esercizio delle funzioni ministeriali da parte del leader del Carroccio.
Il Procuratore aggiunto ha fatto anche esplicito riferimento alla giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia. Nel corso dell’intervento a Padova, Bossi aveva alzato il dito medio pronunciando la frase "Non dobbiamo più essere schiavi di Roma. L’Inno dice che 'l’Italia è schiava di Roma...', toh! dico io".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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