Ormai tutto è immaginario. Per l’ultimo messaggio dal bunker di Bab al Azizia Gheddafi rinuncia anche alle telecamere. Niente scenografie, niente iconografia di un palazzo bombardato in sottofondo, niente occhialoni inforcati per leggere il libro verde, niente persone che lo baciano sulla fronte. Si dice che Gheddafi sia scivolato in fondo al bunker. Sempre più giù, nascosto e solo. Si pensa anche che abbia iniziato ad avere paura, il Colonnello, e anche per questo non vuole farsi vedere in tv come aveva fatto martedì. Qualcuno dice che sia scappato.
Martedì era un secolo fa e Gheddafi si presentava infuriato e cattivo. E sicuro. Oggi un rais assediato combatte la sua ultima battaglia per telefono. Il tono è meno furioso, la paura lo fa scricchiolare e gli fa dire frasi tragiche. La Libia brucia e i morti aumentano. A Zawia si bombarda, sarebbero decine i morti.
Lo show di Gheddafi non si ferma e sbraita: «Quel che sta accadendo a Zawia è una commedia: gli uomini di Bin Laden hanno distribuito le droghe nell’acqua, nello yogurt, nel cibo agli abitanti, che armati stanno devastando la città». Nel discorso in televisione di martedì giurava morte ai manifestanti, «ai ratti drogati» esaltati da Bin Laden.
Minaccia anche questa volta, ma si sente che lui stesso ci crede meno. Gheddafi è accerchiato. Il suo regno ormai si è ridotto a Tripoli. Il resto è nelle mani dei ribelli. Tripoli contro tutti, da difendere fino all’ultima goccia di sangue - meglio se quella degli altri.
Il regime ormai ha perso il controllo della Cirenaica e di tutte le altre città. Per questo ha supplicato l’arrivo di altri mercenari, dal Ciad, dal Sudan. Ovunque, basta che arrivino in fretta perché intanto sono scoppiate le prime rivolte a sud di Tripoli, e l’opposizione per oggi ha preparato una resa dei conti proprio lì. Gheddafi che si attacca anche alla scaramanzia e rilancia: «Gli invidiosi hanno lanciato il malocchio contro la Libia». «Al Qaida è qui», grida al telefono il rais. Respinge ogni responsabilità e punta il dito contro il terrorismo internazionale, contro gli americani, e mette in guardia da un eventuale «intervento militare americano con la scusa di combattere» Bin Laden.
In televisione intanto scorrono immagini di una folla festosa che inneggia al Colonnello. Ma sono immagini di repertorio. Fuori sono solo bombardamenti. Un Gheddafi scollegato che parla di «farsa» invece di parlare di violenze, «portata avanti dai giovani, ai quali non possiamo applicare la legge perché sono ancora dei ragazzi». Gheddafi come un padre di famiglia, come un disco rotto, si preoccupa dell’unità del Paese, ma il tono è meno perentorio, quasi incerto. «Il Paese ci sta sfuggendo di mano perché ascolta Osama Bin Laden». Gheddafi che si attacca a tutto, se la prende anche con la regina Elisabetta. Lei che sarebbe colpevole di regnare da più tempo di lui eppure nessuno la tocca.
E poi un’altra invocazione al popolo: «Ho dato a voi il potere nel 1977, voi siete responsabili di quel che accade: la pace e la guerra sono una vostra scelta». Una provocazione che ha aizzato ancora di più la rabbia della gente. Il rais ha paura e cede, cerca di avvicinarsi ai Fratelli Musulmani: «I Fratelli Musulmani e al Qaida seguono delle strade e delle leggi completamente diverse, i Fratelli Musulmani sono dalla parte giusta dell’islam, quella che è stata predicata dal Profeta. «È vero», ha ammesso il leader libico, «in passato hanno usato la violenza ma i Fratelli Musulmani adesso sono politicizzati». Adesso fa concessioni il colonnello, e ora promette più autonomia alle province. Fuori, sembra che nessuno lo voglia ascoltare. Troppo forti i rumori dei razzi.
Discorsi fuori controllo, come le accuse del Raìs a Bin Laden. Una semplificazione mediatica, non un’invenzione.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.