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Gheddafi dà ancora battaglia nel cuore del deserto

E se Gheddafi non si dà per vinto? Un mese dopo la caduta di Tripoli la guerra in Libia è tutt'altro che finita. Sta sorgendo il dubbio che il Colonnello possa dare filo da torcere ancora a lungo. La Nato, non a caso, ha prorogato gli attacchi di altri tre mesi. Gli aerei italiani hanno compiuto 31 missioni solo nell'ultima settimana.
Aisha, la figlia battagliera di Gheddafi, ha parlato ieri dall'Algeria assicurando che il padre guida la «resistenza». I suoi oppositori avanzano verso il centro di Sirte, la città natale del Colonnello, ma altre roccheforti, come Bani Walid continuano a resistere. La figlia di Gheddafi ha inviato un messaggio audio registrato alla tv Al Rai, il megafono del deposto regime, che trasmette da Damasco. «State tranquilli, il vostro grande leader sta bene, ha le armi in pugno e combatte» garantisce Aisha riferendosi al padre. In realtà le ultime informazioni sul Colonnello lo darebbero in continuo spostamento nel deserto meridionale, più in Algeria, dove si sente al sicuro, che in Libia. Lo ha rivelato il generale Belgasem al Abaaj, catturato lunedì scorso dai rivoluzionari.
Aisha si rivolge al «popolo che resiste» incitando i libici a «ribellarsi ai traditori», ovvero le nuove autorità bollate come «una pagliacciata». La figlia del Colonnello è fuggita in Algeria con la madre e i due fratelli più innocui del clan Gheddafi. Nel messaggio chiede ai libici: «Come fate a essere certi che chi ha già tradito una volta non lo farà di nuovo?». Il riferimento è a personaggi come Mustafa Abdul Jalil, il "presidente" del Consiglio transitorio, che prima di guidare la rivolta era ministro della Giustizia di Gheddafi.
Ovunque siano, il Colonnello ed i suoi non mollano così facilmente nell'enorme triangolo di sabbia fra Sirte, Bani Walid e Sabha, 750 chilometri a sud della costa. Dopo giorni di attacchi respinti e pesanti perdite i ribelli sarebbero riusciti a penetrare nella città natale di Gheddafi, ma stanno incontrando forte resistenza nell'avanzata verso il centro. Si sospetta che a guidare le truppe lealiste ci sia addirittura Mutassin, il figlio di Gheddafi che ricopriva la carica di Consigliere della sicurezza nazionale. L'altro vertice della base del triangolo, Bani Walid, avrebbe dovuto aprire le porte ai conquistatori tre settimane fa. La "capitale" del potente clan Warfalla, invece, ha respinto offerte di resa e gli attacchi. Qualcuno pensa che Seif el Islam, il figlio "politico" del Colonnello, sia annidato in città.
I rivoluzionari giurano di aver conquistato la strategica oasi di Sabha scoprendo arsenali di armi proibite, ma nei dintorni le forze pro Gheddafi continuerebbero a lanciare valanghe di razzi. E lo stesso accadrebbe in altre oasi strategiche del triangolo fuori controllo.
Non a caso la Nato bombarda. Secondo l'ultimo bollettino ufficiale gli aerei dell'Alleanza hanno effettuato 124 missioni, solo il 21 settembre. Di queste ben 44 erano sortite di attacco al suolo. Gli obiettivi principali colpiti sono stati un centro di comando e controllo nei pressi di Sirte e 5 batterie missilistiche terra-aria. A Hun, in mezzo al triangolo della seconda fase della guerra in Libia, i caccia Nato hanno colpito 4 contraeree e un deposito di mezzi.
Anche se le roccheforti lealiste cadranno una dopo l'altra con aspri combattimenti e grazie all'appoggio dal cielo, Gheddafi avrebbe già pronta la fase tre del conflitto. Nel suo ultimo messaggio registrato aveva annunciato: «Le bombe degli aerei della Nato non dureranno a lungo». A quel punto i suoi uomini potrebbero rialzare la testa dalla sabbia del Sahara dando vita a guerriglia e terrorismo. Al Colonnello non mancano certo i fondi. Non a caso sono stati presi in flagrante a Tripoli quattro fratelli che stavano preparando attentati nella capitale.
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