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Gheddafi jr: in Libia non c’è democrazia

Pesanti accuse ai funzionari che gestiscono lo Stato con stile mafioso

Fausto Biloslavo

In Libia la democrazia non esiste, la libertà di stampa rimane una chimera, c’è chi finisce in galera senza motivo ed i funzionari pubblici sono una mafia che gestisce lo stato come «cosa loro». Non è il solito sermone della debole opposizione, nascosta all’estero, al regime di Muammar Gheddafi, ma l’agguerrito discorso pronunciato domenica dal figlio del colonnello, Seif el Islam, davanti a una platea di 15mila giovani libici.
«Ma quale potere del popolo, quale democrazia diretta attraverso i comitati popolari? - ha tuonato il primogenito di Gheddafi -. Il potere democratico che sogniamo non esiste, perché se esistesse veramente come spiegheremmo che le decisioni prese in nome del popolo vengono falsificate, che alcuni vengano malmenati e imprigionati senza motivo?». La “Spada dell’Islam”, questo in arabo il nome di Gheddafi jr, non parlava a una riunione di carbonari della Jamahiriya fondata dal padre con un golpe, ma a un incontro pubblico nella città di Sirte.
L’occasione per strigliare il sistema era la presentazione di un piano per il lavoro dal titolo promettente: «Insieme per la Libia di domani». Il figlio di Gheddafi ha attaccato indirettamente il “Libretto verde” scritto 30 anni prima dal padre, per indicare una terza via rivoluzionaria araba fra capitalismo e socialismo, e che funge da Carta fondamentale. «Questo non vuol dire che dobbiamo ripristinare la monarchia o lasciare continuare il caos, ma è chiaro che abbiamo bisogno di una costituzione stabile che duri almeno per i prossimi cento anni», ha spiegato Seif. Delfino del colonnello, il giovane ha sempre riflesso l’ala modernista della famiglia e anche in questo caso è probabile che abbia parlato con il beneplacito del genitore.
Il colonnello non potrebbe attaccare così duramente la sua stessa opera e soprattutto la vecchia guardia “rivoluzionaria” con la quale ha abbattuto la monarchia e instaurato i comitati popolari. Il problema, però, è che la vecchia guardia si è amalgamata spartendosi il potere pubblico. Non a caso Seif ha attaccato proprio i gangli del sistema. «Smettiamo di prenderci in giro affermando che viviamo in un paradiso, ha incalzato. E che paradiso sarebbe quello dove i direttori generali di imprese di Stato le gestiscono come se fossero loro proprietà? La mancanza di leggi e di una costituzione - ha denunciato il figlio di Gheddafi - è la causa del caos attuale che va a beneficio di un gruppo di funzionari e di qualche pezzo grosso uniti in un'alleanza contro natura che forma una mafia libica contraria alle riforme democratiche». L’affondo sulla «mafia» di regime è stato pronunciato a soli dieci giorni dal 37° anniversario della presa del potere del colonnello.
Altro argomento delicato, toccato nel discorso, riguarda la libertà di stampa. «È inesistente, dominata da quattro giornaletti mediocri su cui solo un numero limitato di persone è autorizzato a scrivere», ha detto. Nei mesi scorsi Seif el Islam aveva annunciato la decisione di distribuire in Libia giornali occidentali ed arabi.
Il figlio di Gheddafi, 36 anni, ha studiato alla London school of Economics e presiede la potente Fondazione caritatevole di famiglia. Mentre il padre accoglie gli ospiti in una tenda beduina, Seif concede interviste in jeans o completi italiani firmati.

Attraverso la Fondazione Gheddafi è intervenuto nella liberazione di ostaggi occidentali e non dalle Filippine all’Irak, puntando da tempo a succedere al padre in libere elezioni.

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