Gheddafi vuole il copyright sulla Coca Cola

da Washington

Mohammar Gheddafi ha fatto una nuova scoperta. Ha penetrato il segreto della ricetta della Coca Cola, sconosciuta alla maggior patre dei dirigenti della ditta che lo produce. «È stato accertato - ha sostenuto Gheddafi - che le erbe utilizzate per la Coca Cola provengono dal continente africano. E la stessa cosa succede con la Pepsi Cola e la Kiti Cola. Le loro essenze provengno dalle nostre piante, e perciò le multinazionali devono compensarci». La rivendicazione stata fatta nel villaggio della Sirte dove il colonnello è nato e dove ha celebrato domenica il 37° anniversario della sua rivoluzione. Tra i capi di governo invitati c'era il presidente del Consiglio italiano Romano Prodi.
Il colonnello ha lasciato da parte la moderazione apparente che da qualche tempo ostentava per normalizzare i rapporti con gli Stati Uniti. Nel discorso di domenica si è scagliato conto i governi occidentali e i capitalisti americani. E ha rinvendicato i «diritti d’autore» sulla Coca Cola.
A suscitare la boutade del colonnello è stata forse la notizia che la Coca Cola, boicottata dai paesi musulmani per i suoi rapporti con Israele, è arrivata con le truppe americane nell'ex roccaforte dell'integralismo islamico, l'Afghanistan, dove ha investito 25 milioni di dollari in nuovi impianti per l'imbottigliamento inaugurati dal presidente Karzai. La Coca Cola non ha mai reso nota la ricetta della bevanda, inventata alla metà del diciannovesimo secolo da un farmacista di Atlanta.

Si sa soltanto che la mistura originale conteneva foglie di coca, ma nessuno ha mai pensato di destinare parte dei profitti al governo boliviano o ai trafficanti del cartello di Medellin. A questo mondo c'è posto per tutti. Anche per chi sostiene che Beethoven era nero perché nelle sue ultime sonate per pianoforte vi sono alcuni passaggi sincopati che ricordano la musica jazz.

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