Maria Rosa Quario
da Santa Cristina
Miss Alto Adige, buttata nella mischia per una foto ricordo, non consola Kristian Ghedina, anzi. «Quanti anni hai, 18? Troppo giovane, io ne ho esattamente il doppio!». Quarto, a 43/100 dal vincitore Marco Buechel, a 23 dal terzo gradino del podio occupato dal giovane più promettente del circuito, il canadese Erik Guay. Per il Ghedo «è stata lo stesso una grande giornata», ma certo le cose avrebbero potuto andare ben diversamente.
Mattino, ore 9.30: un pallido sole illumina la partenza della pista Saslong, squarci di sereno passano fra le nuvole, ma cè aria di bufera in arrivo. Ore 9.45: durante la ricognizione la giuria decide di spostare le porte alle gobbe del cammello: si passerà più a sinistra, evitando i salti, pericolosi in caso di vento. Ore 11.30: comincia a nevicare, il vento soffia sempre più forte, la giuria decide di abbassare e di rinviare la partenza. Ore 13.30: parte la gara, le condizioni sono accettabili. Ore 13.48: parte Michael Walchhofer, dopo un minuto, 28 secondi e un centesimo taglia il traguardo e si porta al comando. I minuti passano, i concorrenti scendono, ad avvicinare il tempo dellaustriaco riesce solo limmarcescibile, linossidabile, limmortale Kjetil André Aamodt, con il numero 15. Il tempo peggiora a vista docchio, ricomincia a nevicare. Maier è velocissimo in alto ma poco scorrevole in fondo, perde un secondo e scuote la testa. Guay scia sciolto e bello come al solito, è secondo per 20 centesimi. Tocca a Marco Buechel, del Liechtenstein, lembo di terra tra Austria e Svizzera che allo sci ha regalato campioni come i Wenzel e i Frommelt. Al traguardo la moglie trepida, il labrador Jasper soffre in silenzio, lui pennella curve precise e i chili in più messi su in estate lo aiutano a combattere le forze della natura che stanno per scatenarsi. Passa primo a tutti gli intertempi, chiude con due centesimi di vantaggio e fa esplodere la sua carica di simpatia. Jasper abbaia contento, lui ha già capito tutto.
Miller, poi Deneriaz, poi Strobl finiscono vicini ma dietro, lattesa ormai è tutta per Ghedina e il parterre si scalda. Via, in una nuvola di vento, con quel fisichetto sempre uguale da anni. È spianato, bello nella sua posizione a uovo, ma dopo 33 secondi perde già tre decimi. Troppi, su una pista tanto corta. Eppure, sciando in modo fantastico la parte centrale, con quella naturalezza tipica dei grandi discesisti, con scioltezza nei passaggi chiave nonostante la visibilità ormai pessima, Kristian fa sognare al terzo intermedio, dove passa secondo a 17/100 da Buechel. Ma il lungo rettilineo finale, pur senza errori e senza caprioli, sarà fatale e il responso del cronometro crudele: 12842, 4° tempo.
«Una bella medaglia di legno, pace, con tutte le sfortune avute oggi posso anche dirmi soddisfatto. Di certo non ho gioito quando hanno abbassato la partenza, né quando hanno spostato le porte ai Cammelli, né quando ho visto la visibilità peggiorare e il vento soffiare sempre più forte. Ma questo è lo sci e va bene lo stesso, di certo questa gara mi ha fatto capire che posso ancora vincere e che non ho per niente voglia di dire addio allo sci.
«Io invece mi darò allo sci dacqua, o magari al tennis o al golf», butta lì un Miller incavolatissimo con chi decide di far partire gare «del tutto irregolari».
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