Giallo in clinica: precipita dalle scale e muore

Giallo in clinica: precipita dalle scale e muore

Katiangela Neri

Precipita con la sua carrozzella dalle scale della casa di cura e muore dopo alcuni giorni d’agonia. È la storia di un anziano invalido sul cui decesso avvenuto il 10 gennaio scorso - e di cui si è avuta notizia solo nelle ultime ore - la Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo (per ora ancora contro ignoti) per l’ipotesi di omicidio colposo. L’uomo si chiamava Salvatore Furciniti, aveva 77 anni, era di origini calabresi e da qualche tempo era ricoverato nella clinica a lunga degenza «Villa Maria Immacolata» di via del Casaletto, a Monteverde: la morte è avvenuta nel reparto di Terapia intensiva Neurochirurgica dell’ospedale San Camillo dove il pensionato era stato trasportato per il trauma riportato nella caduta.
È il pubblico ministero Erminio Amelio a occuparsi dell’inchiesta dopo la denuncia formalizzata dalla figlia della vittima negli uffici del commissariato di zona, che era stato allertato dallo stesso nosocomio di circonvallazione Gianicolense. Gli investigatori del XVI distretto avrebbero già ascoltato il responsabile di «Villa Maria Immacolata», il medico di guardia al momento dell’incidente proprio allo scopo di chiarire meglio e nei dettagli l’accaduto e accertare eventuali responsabilità legate alla sorveglianza del paziente. Sarà fondamentale a questo punto soprattutto l’esito dell’esame autoptico disposto dal magistrato ed eseguito all’istituto di Medicina legale dell’Università Cattolica.
Salvatore Furciniti era un ex muratore, affetto da demenza senile, paresi agli arti inferiori e invalidità totale, e quindi non più autosufficiente. «A causa del mio lavoro non riuscivo più a badare a papà come prima - ha raccontato alla polizia la figlia Teresa, infermiera professionale - e per questo avevo deciso di ricoverarlo in quella struttura convenzionata. Papà aveva trascorso a casa con noi il Natale, poi il 26 sera l’ho riaccompagnato in clinica. Devo dire che fino a quel momento il personale della casa di cura si era mostrato sempre molto efficiente e preparato. Il mattino seguente mi hanno telefonato da “Villa Maria Immacolata” dicendo soltanto che papà era caduto, che l’avevano portato in ospedale per un controllo, non che fosse gravissimo, praticamente in fin di vita come ho scoperto più tardi al San Camillo. Sono poi ritornata in clinica per saperne di più sulle modalità dell’accaduto ma ripetevano che non potevano dire nulla, che erano vincolati al segreto. Solo dopo aver chiesto l’assistenza del 113 sono riuscita a sapere che durante l’orario delle visite gli infermieri avevano sentito un frastuono, un tonfo e avevano trovato papà per terra ai piedi della rampa di scale del primo piano, con la sua carrozzella». Restano, comunque, dei lati «oscuri» della vicenda sui quali Teresa intende fare luce.
«Certo - continua la donna alla ricerca della verità sui fatti accaduti - ero al corrente anche io che per evitare che potesse commettere movimenti inconsulti erano costretti a tenerlo fermo, a fissare persino la sedia a rotelle con un lenzuolo annodato a una pensilina della camera. Del resto lui aveva diversi problemi: secondo la versione della clinica però quella mattina - prosegue Teresa - papà sarebbe riuscito a liberarsi e a spostarsi percorrendo quei metri che lo separavano dalle scale, cadendo e battendo violentemente la testa.

A questo punto io ora chiedo: non si poteva proprio impedire in altro modo che ciò accadesse? Potevano forse controllare meglio mio padre? E poi, siamo davvero sicuri che sia stato soltanto un incidente, una pura e semplice fatalità? Io voglio sapere solo la verità, non voglio accanirmi contro nessuno. Solo sapere come sono andate le cose con chiarezza».

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