Il giallo di Nicholas Ucciso in Brasile senza un perché

Il giallo di Nicholas Ucciso in Brasile senza un perché

da Bergamo

Non riesce a darsi pace Antonio Pignataro, da quando è arrivata quella maledetta telefonata dal Brasile. All’altro capo dell’apparecchio non c’era, come le altre volte, il figlio Nicholas, partito per l’America Latina per costruirsi una vita, ma Tatiana Da Silva, l’amica di famiglia che dal marzo scorso ospitava il giovane bergamasco. Il sogno di Nicholas è finito nel modo più tragico nella notte tra domenica e lunedì, quando il 20enne di Seriate è finito in mezzo a una sparatoria alla periferia di Maceio. Il cadavere è stato seppellito in una fossa comune, ed è stato riconosciuto da Tatiana Da Silva.
«Quel che mi amareggia di più - accusa Pignataro - è la disumanità e la mancanza totale di rispetto nei confronti della persona. In un Paese civile anche un animale viene restituito al suo proprietario. Di errori ne sono stati fatti tanti da parte di tante persone, e mi auguro che ora vengano pacificamente risolti. Io non sono arrabbiato con nessuno, il mio unico obiettivo è portare a casa la salma di mio figlio». Nicholas è stato ucciso nei pressi di un bosco alla periferia della città, durante una lite in cui è rimasto coinvolto insieme a un amico brasiliano, venditore ambulante di cd, assassinato insieme a lui. «Erano diventati inseparabili - ha raccontato Tatiana - Nicholas era un ragazzo pulito, in questi mesi non l’ho mai visto usare droga».
Le autorità del luogo, non avendo identificato i cadaveri, sprovvisti di documenti, li avevano liquidati sbrigativamente come una seccatura burocratica. Ora la famiglia chiede la riesumazione, tramite l’avvocato Piero Pasini: «Sono procedure inaccettabili la polizia avrebbe dovuto compiere delle indagini più approfondite e mantenere ancora per qualche tempo le salme all’istituto di medicina legale». Il legale è ora in contatto con il console Massimiliano Lagi, che spinge sulle autorità brasiliane, perché la salma possa essere riportata in Italia al più presto.
Dopo aver terminato gli studi da meccanico, Nicholas aveva frequentato un corso di portoghese ed era partito per il Brasile il 4 marzo. A Maceio sperava di aprire un’attività commerciale. Il padre gli mandava 500 euro al mese: «L’ho sentito l’ultima volta intorno al 15 maggio - ha detto -. Aveva bisogno di cambiare vita e lì finalmente ci stava riuscendo. Era contento, stava valutando alcune ipotesi per il suo lavoro e soprattutto stava trovando casa. Mio figlio non ha mai fatto del male a nessuno, ha fatto le esperienze di tanti altri ragazzi della sua età e non ha mai avuto problemi seri».

Al padre, separato, è toccato anche lo strazio di dare la notizia alla mamma di Nicholas, Grazia, che vive a Breno (Brescia): «Sono stato io ad avvisare la mamma quando l’ha saputo ha pianto e urlato per dieci minuti». La Lega ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere che venga fatta luce sull’episodio.

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