Il giallo Skinder Massacrato in ufficio la sorella a giudizio

Dopo aver colpito il fratello a sprangate si nasconde dietro una porta. All’arrivo del collaboratore, Stefano Gavazzi, 26 anni, si accanisce anche contro di lui. Poi esce dall’ufficio di via Fonte Meravigliosa 88 zuppa di sangue, torna a casa per cambiarsi gli abiti e farsi una doccia, infine si reca in commissariato assieme alla madre per denunciare la scomparsa del fratello.
Proprio la donna, madre di Maks Skinder di 36 anni, la vittima, e della presunta omicida, Deziré Skinder, 28 anni, rappresenta il movente per un delitto assurdo avvenuto una domenica pomeriggio di un anno fa nel quartiere Laurentino. «L’ho ucciso perché offendeva mamma», la confessione dell’imputata al termine di un lungo e sofferto interrogatorio di garanzia davanti al procuratore aggiunto Italo Ormanni e al sostituto Letizia Golfieri la notte successiva al fattaccio. Ieri la decisione di rinvio a giudizio per la 28enne di origini croate, contitolare della «Mavian labs», azienda specializzata in software aziendali e telecomunicazioni, dopo la richiesta al gup di giudizio abbreviato condizionato a una perizia sulla donna da affidare a un criminologo, a un medico legale e a uno psichiatra.
La storia. È l’11 maggio del 2008, sono le ore 22,30. Al primo piano di una tranquilla palazzina tra l’Eur e la Cecchignola un ragazzo di 26 anni è a terra in un lago di sangue. Stefano, ancora stordito dai colpi ricevuti, afferra il suo cellulare e compone il numero del 113. Riesce solo a chiedere aiuto e a dettare l’indirizzo. Poi crolla di nuovo sul pavimento, privo di sensi. Gli agenti devono chiamare i vigili del fuoco per sfondare la porta. La scena che si presenta loro è agghiacciante: un uomo bocconi all’ingresso con il cranio fracassato, un altro agonizzante tre metri più in là.
La vittima è in ufficio nonostante la festa per risolvere un problema sul server della propria ditta. Stefano, secondo il papà, lo raggiunge per aiutarlo. L’assassina lo precede di qualche minuto: litiga furiosamente con il fratello maggiore, afferra una spranga e lo colpisce con violenza inaudita almeno cinque volte. Una furia. Tutto ciò accade non oltre le ore 15 secondo il medico legale.
Sopraggiunge il dipendente. Stefano vede il corpo sanguinante e si china per prestare soccorso. Ancora non sa che l’omicida è nascosta nella stanza accanto. Fa appena in tempo a sentire i suoi passi che viene colpito alle spalle. Fortunatamente la sprangata, una sola, non è mortale: sufficiente, però, a stenderlo per almeno sette ore. Solo alla sera, difatti, riesce a lanciare l’allarme. Per il suo datore di lavoro, però, è troppo tardi.

«Abbiamo litigato ma non ricordo cosa sia successo», spiega, sulle prime, Deziré agli uomini della squadra mobile. Un interrogatorio, del resto, zeppo di contraddizioni e vuoti di memoria tanto da far scattare il fermo per omicidio volontario e tentato omicidio. Il 27 luglio inizia il processo.
yuri9206@libero.it

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