Giallo su Mills indagato. Nuovo scontro al processo

Milano Ultime battute di un processo in via di estinzione: con i protagonisti stanchi ed esasperati che battibeccano l’uno con l’altro, sapendo perfettamente che ogni minuto che passa avvicina inesorabilmente lo scoccare della prescrizione. Che il destino del processo a Silvio Berlusconi per l’affare Mills debba essere quello di un proscioglimento per intervenuta prescrizione, ormai appare quasi ineluttabile, e persino il pm Fabio De Pasquale dà segnali di rassegnazione. Ciò non toglie che in aula volino scintille. Da ultimo, tra i difensori del Cavaliere e il giudice Francesca Vitale, che al termine di una udienza estenuante decide di dare un taglio alla testimonianza di David Mills, l’avvocato inglese che sarebbe stato corrotto da Fininvest, suscitando le ire di Niccolò Ghedini che la richiama al dovere di «consentire quel minimo etico di difesa a chiunque, anche se si chiama Silvio Berlusconi».
Ma la sensazione è che si tratti ormai di scaramucce non destinate a incidere in modo sostanziale sull’esito del processo. Come non avranno peso specifico neanche le mosse in extremis della difesa e dell’accusa, ovvero la ricusazione dei giudici firmata da Berlusconi e il ricorso alla Corte costituzionale contro la legge che ha accorciato la prescrizione, adombrato da De Pasquale. Tutto inutile. Perché la sostanza è che dal presunto reato è passata una infinità di tempo - si parla del 1998 e del 1999 - e che, secondo i calcoli più autorevoli, alla fine della settimana prossima il reato sarà prescritto. Il tribunale, per staccare formalmente la spina al processo, dovrà aspettare ancora qualche giorno: almeno fino al 18 febbraio, quando la Corte d’appello esaminerà la richiesta di ricusazione avanzata da Berlusconi. Ma la sostanza non cambia. Se davvero avessero voluto vincere la corsa contro il tempo, i tre giudici avrebbero dovuto accelerare il ritmo delle udienze molti mesi fa, quando il processo era alle prime battute, e non ora, quando sconfiggere la clessidra è un’impresa quasi disperata.
Ma la polemica tra il tribunale e i legali del premier è destinata ad accompagnare il processo fino alla fine. Ieri l’udienza era destinata al controinterrogatorio di David Mills da parte di Ghedini e del suo collega Piero Longo. Mills come al solito appare in eurovisione da Londra, e questo già complica le cose perché bisogna fare i conti con il collegamento che va a singhiozzo e con la procedura inglese. Per di più ieri c’è la notizia che circola a mezza voce dall’inizio dell’udienza: Mills intende interrompere la sua deposizione perché un sito italiano ha scritto che «secondo indiscrezioni filtrate dalla Procura milanese» il pm De Pasquale si prepara a indagarlo per falsa testimonianza, cioè per avere scagionato Berlusconi. Quando si apre il collegamento con Londra, un avvocato effettivamente si alza presentando un fax con la notizia dell’imminente incriminazione di Mills. Vero o non vero? Il giudice Vitale cerca di spiegare agli inglesi che comunque sarebbe un segreto; ma a rompere l’impasse provvede De Pasquale alzandosi e garantendo di non avere preso nessun provvedimento contro Mills. Pausa. Prolungamento della pausa. Alla fine Mills, anche se non sembra del tutto tranquillizzato, accetta di continuare la sua deposizione. Ma ormai si sono fatte le quattro di pomeriggio. C’è appena il tempo di qualche domanda, ed è ora di chiudere il collegamento.

A quel punto però è Mills che non vuole azzittirsi, «ho ancora molte cose da dire»: dice di voler «chiarire tutti i punti», di voler spiegare come e perché si inventò che quei 600mila dollari erano del Cavaliere. Ma il tribunale è inflessibile, «basta, abbiamo dedicato al signor Mills abbastanza tempo». Lunedì prossimo, a dire la sua in aula, verrà Berlusconi.

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