RomaSì, certo, ce l’ha con il Giornale. Si è irritato per «il titolo sensazionalistico». Gli è andato di traverso «l’articolo di prima pagina». Tra le righe ci ha letto un intento «ridicolmente ma provocatoriamente calunnioso». Ha intravisto chissà quale manovra. Ma pure il Fatto Quotidiano, anche quello l’ha fatto uscire dai gangheri. Le critiche di Antonio Padellaro, che prima lo ha appiattito su Berlusconi alla vigilia di alcune importanti decisioni su lodi e intercettazioni, e poi ha scritto che «sarebbe incredibile se Napolitano chiedesse per sé una superprotezione». L’allusivo «perché» sparato in prima. E certi passaggi del pezzo in quinta pagina: «Durante il settennato l’inquilino del Colle potrebbe macchiarsi delle peggiori nefandezze senza dar conto a nessuno. Com’è possibile?».
Ma sotto sotto, al di là dei comunicati e delle note ufficiali, anche il Pd ha fatto infuriare il capo dello Stato. «Incauti, incapaci, dilettanti alla sbaraglio», questo è il commento che in queste ore si è sentito più spesso risuonare negli uffici del Quirinale a proposito del superscudo. Un emendamento scabroso, «non richiesto» e soprattutto controproducente. Un pasticcio, sul Colle sperano involontario, che ha gettato il presidente su una graticola. Il «regalo», come l’ha definito il Fatto, consegnato dal suo ex partito ha di fatto creato una situazione molto imbarazzante. Nell’opinione pubblica si poteva far strada l’ipotesi che fosse stato lo stesso Napolitano a sollecitare per sé la speciale protezione. Perché? Cosa c’è sotto, si poteva chiedere la gente. «In questa Italia torbida - sempre per citare Padellaro - nulla si può escludere». Magari, scriveva ancora il Fatto, «i pasticcioni democratici hanno il sentore che qualcosa possa minacciare» Napolitano. Dire senza dirlo. Insinuare prendendo le distanze.
Per questo, per troncare lo sgocciolamento, adesso il Quirinale fa sapere di non temere nulla, di avere la coscienza a posto, in particolare sul versante giudiziario. «Il presidente della Repubblica - si legge infatti nella nota - non ha nessun motivo, né personale né istituzionale, per sollecitare innovazioni alla normativa vigente, quale è sancita dalla Costituzione, sulle prerogative del capo dello Stato». Cassetti aperti, casa di vetro. Del resto è capitato un po’ a tutti i successori dei Papi venire coinvolti in indagini variamente fondate: Ciampi con Telekom Serbia, Cossiga con Gladio, Scalfaro con i fondi del Sisde, Leone con la Lockeed. Quindi, meglio ripeterlo bene. «Il Quirinale è del tutto estraneo a quell’iniziativa parlamentare e si tiene bel lontano dai giochi di tattica politica».
Giochi pericolosi, che Giorgio Napolitano pensava aver fermato già lunedì dichiarando di «cadere dalle nuvole». Il capo dello Stato ha tirato un sospiro di sollievo quando l’emendamento sul superscudo è stato tolto di mezzo. Ma alle volte la pezza è veramente peggio del buco. Così, quando le agenzie di stampa hanno battuto la precisazione di Anna Finocchiaro, sul Colle hanno scosso la testa costernati. Sostiene infatti la Finocchiaro: «La presidenza del gruppo Pd al Senato ha provveduto a far ritirare l’emendamento che modificava la prescrizione costituzionale che riguarda il capo dello Stato, frutto di un’errata valutazione politica dei proponenti e di un’iniziativa che non era stata sottoposta, come invece la delicatezza della materia imponeva, alla valutazione della presidenza stessa».
Ora, ma è mai possibile, si chiedono in Parlamento e forse anche sul Colle, che due persone esperte e navigate come Stefano Ceccanti e Felice Casson scivolino su una simile banana? Ceccanti è un costituzionalista di nome, un punto di riferimento della sinistra moderata. Quanto a Casson, un ex magistrato di lungo corso... E poi: è realmente credibile che la Finocchiaro fosse all’oscuro di tutto? Che partito è, in quali condizioni di sbando si trova il Pd, se possono avvenire certi pasticci? «Dilettanti allo sbaraglio», appunto, e questa in fondo diventa la spiegazione più generosa.
Qualcuno al Nazareno in questi giorni sta passando dei brutti quarti d’ora.
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