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Giallo a Tripoli, esplode aereo con cento a bordo

Una misteriosa esplosione in volo a pochi metri da terra, mentre l’aereo era in fase di atterraggio a 400 metri dalla pista dell’aeroporto di Tripoli, capitale della Libia. Così si è compiuta la tragedia dell’Airbus della compagnia libica Al Afriqiyah che ieri mattina alle sei stava arrivando dal Sud Africa con 104 persone a bordo. L’aereo si è praticamente disintegrato, come hanno mostrato le immagini diffuse dalla televisione locale. Eppure, incredibilmente, c’è un superstite: un bambino olandese di otto anni, che non è in pericolo di vita. Ricoverato in un ospedale di Tripoli, il piccolo è stato operato per la riduzione di alcune fratture, ma secondo i medici che lo hanno in cura è in buone condizioni. Poco dopo il disastro era stata diffusa la notizia di un secondo superstite, il co-pilota dell’Airbus. Ma poi nessuno ha fatto più cenno a questa persona.
Nella sua rara fortuna, il piccolo miracolato è però andato comunque incontro a un crudele destino: tutta la sua famiglia (mamma, papà e fratellino undicenne) è perita nel disastro. A visitarlo nella sua stanza d’ospedale ieri pomeriggio è andato un funzionario dell’ambasciata olandese e non si sa se gli abbia già comunicato la tragica verità.
L’Olanda è il Paese più colpito dalla catastrofe: erano olandesi ben 62 delle persone a bordo, che stavano rientrando in patria da una vacanza. Le rimanenti vittime erano prevalentemente di nazionalità libica (tra loro tutti gli 11 membri dell’equipaggio), poi c’erano anche dei sudafricani e alcuni altri africani ed europei. Nessun italiano figura nella lista dei passeggeri.
Le vere cause del disastro di Tripoli rimangono al momento avvolte dal mistero. Un’esplosione così potente da distruggere un aereo che pesa 231 tonnellate e da spargere i suoi rottami, come è stato riferito, addirittura nel raggio di un chilometro fa pensare in prima battuta a una bomba. Ma le autorità libiche si sono affrettate a escludere categoricamente questa ipotesi, anche se non è chiaro in base a quali elementi, visto che un’inchiesta sui fatti non è ancora stata condotta. Sembra che siano state le scatole nere dell’Airbus, che sono state recuperate, a far trarre questa conclusione. Il ministro dei Trasporti libico Mohammed Zidane ha spiegato che il pilota «non ha trasmesso alcuna comunicazione di pericolo o guasto in fase di atterraggio, né è stata riscontrata mancanza di carburante».
Escluso anche, stavolta con certezza, un errore umano riconducibile a problemi meteo, visto che al momento della tragedia la visibilità era di sei chilometri. Qualcuno ha provato a ipotizzare la remota eventualità, tanto di attualità in queste settimane, di una drammatica avaria ai motori provocata dalle famigerate polveri vomitate nell’atmosfera dal vulcano islandese Eyjafjallajökull. Anche questo tentativo di spiegare l’accaduto pare debole, perché è vero che lo spazio aereo sul vicino Marocco era stato chiuso per questa ragione, ma è anche vero che nel suo viaggio l’Airbus libico aveva sorvolato il cuore del continente africano, che dalle polveri islandesi non è stato raggiunto. Rimane il fatto che potenzialmente l’effetto più temuto delle polveri sui motori è proprio la loro esplosione.
Neanche l’ipotesi della inadeguata manutenzione sembra reggere. L’Airbus della Afriqiyah era uscito dalla fabbrica nel 2009 ed era stato controllato appena nello scorso marzo; inoltre alla partenza da Johannesburg le verifiche di routine non avevano fatto emergere alcun problema. Cos’è successo dunque a Tripoli? Nella generale incertezza del momento due aspetti meritano attenzione.

Il primo riguarda l’Airbus A-330: è lo stesso modello che lo scorso giugno affondò nell’Atlantico con 280 persone a bordo mentre era diretto dal Brasile a Parigi: non si è mai capito cosa sia successo. Il secondo è relativo all’immagine di un’auto fra i rottami dell’aereo a Tripoli: cosa ci faceva lì?

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