Politica

Gianfranco in disparte a suo agio solo con Floris

Roma - «Gianfranco chi?». Come, chi? Il presidente della Camera... «Ah, certo. Ma io sono qui per salutare Napolitano». Chissà, forse scherza Ignazio La Russa, ma intanto, quando si incrociano, si voltano entrambi dall’altra parte. E Schifani? Sì, dopo la polemica dell’altro giorno, adesso il saluto c’è. Sotto gli occhi del capo dello Stato e del Cavaliere e sotto i flash i due si danno la destra. «Per me il caso è chiuso», commenta il presidente del Senato. Ma finita la photo-opportunity, le quattro alte cariche si separano subito. Si formano due piccoli cortei diversi, due sciami attorno Napolitano e Berlusconi, che passeggiano parallelamente per i giardini del Quirinale, stringono mani e ogni tanto duettano amabilmente a distanza. «Grazie di tutto», «ci vediamo domani alla sfilata». Poi il Cav se ne va e lascia la scena al padrone di casa, che raggiunge la settecentesca Coffee House e si siede su una poltroncina di vimini. Pochi minuti e Schifani sorridente lo raggiunge.
Fini no, lui resta in disparte. E la solitudine del numero uno di Montecitorio emerge così in tutta la sua evidenza. Eccolo, con la Tulliani di bianco vestita, che si avvicina al buffet, ecco che cammina sui prati con un bicchiere in mano, ecco che si ferma a parlare. Stranamente le sue pubbliche relazioni si concentrano prevalentemente con gente di sinistra. Il presidente della Camera chiacchiera con il duo Giovanni Floris e Paolo Ruffini, poi resta un quarto d’ora buona a colloquio con la direttrice dell’Unità Concita De Gregorio, poi tocca a Bianca Berlinguer e a un paio di giornalisti di Repubblica. Fini ci prova anche con qualche personaggio dell’opposizione, tipo Bersani e D’Alema, che però restano almeno pubblicamente piuttosto freddi. L’unica che ha qualche parola buona per lui è Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd alla Camera, che non lo giustifica ma lo capisce: «Quando si tratta di un leader, capita che ci possano essere degli sconfinamenti».
E mentre Fini va alla ricerca di altre mani da stringere e trova quella di Baccini, Tremonti impazza al centro del giardino. Il ministro dell’Economia fa in tempo ad abbracciare Berlusconi prima che se ne vada e saluta Evelina Christillin che gli allunga il suo cellulare. All’altro capo c’è Luciana Littizzetto in vena di battute, a giudicare dalle risate di Tremonti.
Vini frizzanti, formaggio con il miele, stuzzichini tricolore mozzarella-pomodoro-basilico, gelati, dolci, cesti gonfi di ciliege per i duemila inviati di Giorgio Napolitano. All’ora di pranzo il capo dello Stato era spuntato in tv per difendere la manovra «necessaria per risollevare l’economia» e invitare i partiti «al senso di responsabilità e alla coesione». Nei giardini lancia un altro appello ad affrontare «tutti insieme l’ultimo colpo di coda della crisi».

Fini intanto beve un Prosecco sotto una palma, lontano.

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