Roma Gianfranco Fini, prima rimbrottato e poi ripreso per i capelli - secondo i boatos del palazzo - da Pierferdinando Casini che è il principale alleato, ma anche un ex presidente della Camera e il leader di un’area che vuole diventare il punto di riferimento dei moderati. E che, proprio per questo, si arrabbia quando l’altro azionista del Nuovo polo, innesca risse e perde il controllo dell’assemblea diventando parte in causa. Comunque Casini è disposto a fare sacrifici per lui, compreso la nomina di Adolfo Urso, in rotta con il leader Fli, a coordinatore del Terzo polo.
Dietro l’unica uscita bipartisan di Fini registrata ieri, il richiamo ad Antonio Di Pietro che aveva paragonato l’Italia alla Libia, Berlusconi a Gheddafi - ipotizzavano esponenti Pdl - c’è proprio lo zampino del leader Udc, che ha chiesto al leader di Fli di dare un qualche segnale distensivo, per bilanciare gli attacchi al governo di giovedì. Tentativo sostanzialmente fallito, tanto che ieri le tensioni politiche di mesi si sono rovesciate, come non era mai successo, dentro l’Aula.
La giornata era già iniziata all’insegna delle tensioni provocate dall’intervista di Fini all’Espresso e dall’intervento ad Anno Zero. «Mai visto un presidente che venisse meno in questo modo al suo ruolo di terzietà», attaccava il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto. Fini, per nulla intimorito, assestava il colpo successivo interrompendo la seduta dedicata all’approvazione del decreto Milleproroghe, prendendosela con il governo.
A farne le spese il sottosegretario ai rapporti con il Parlamento Laura Ravetto che era da quelle parti, impegnata in una seduta di Commissione: «Onorevole la prego di non telefonare, lei rappresenta il Governo, se non c’è lei la seduta non può iniziare». Stava chiamando, ha spiegato poi lei stessa, «i competenti sottosegretari che poi sono arrivati». Ma per Fini è stato un incidente istituzionale: «La prego di riferire al ministro per i rapporti col Parlamento che è senza precedenti quello che sta accadendo quest’oggi». Poco dopo il tentativo di pareggiare bloccando gli eccessi verbali di Di Pietro, che però non è bastato al capogruppo Pdl Cicchitto: «Con la sua presidenza siamo in una situazione istituzionalmente insostenibile». Nessuna marcia indietro di Fini, che invece approfittava del botta e risposta per riprendere una delle tesi esposte nelle interviste alle testate della sinistra: «Ne convengo la situazione è istituzionalmente insostenibile». Da lì in poi il diluvio, con i falchi in prima fila nel gettare combustibile sul fuoco. «Ricevere lezioni di correttezza istituzionale da Cicchitto è come andare a lezione di democrazia da Gelli», spiegava Angela Napoli, deputato di Fli, mentre il coordinatore di Fli Bocchino ribattezzava il gruppo dei responsabili «I disponibili».
Difficile considerare casuale la successiva uscita di Casini: «Il Terzo polo è un’alternativa a quello che c’è oggi: un corso politico che sta esaurendo la sua spinta propulsiva. Un’Italia con i guelfi e i ghibellini in guerra permanente non può andare avanti». Nessun commento del leader Udc sul conflitto di interesse di Fini, leader di un partito e presidente dell’Aula di Montecitorio.
Anche se, spiegavano fonti parlamentari, un episodio recente spiega come la pensi. Alla riunione dei capigruppo sullo stop di Napolitano al Milleproroghe Fini aveva sostenuto che il governo non poteva ripresentare il decreto, ma Casini lo ha fermato e ha cercato di mettere una toppa, spiegando agli altri parlamentari che «il presidente Fini intendeva dire un’altra cosa».
In queste ore si dovrebbe realizzare l’altro grande favore di Casini al neo alleato: la nomina di Urso a coordinatore del terzo polo. Un ruolo che consentirebbe all’ex viceministro di tenere un piede dentro Fli e uno nell’Udc. Comunque lontano da Bocchino, da Napoli e forse da Fini.
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