Più che una tesi di laurea quella di Federico Berlingheri, neo dottore diplomato alla Facoltà di Lettere e Filosofia e collaboratore delle pagine sportive dell'edizione genovese de Il Giornale, è il racconto di una storia d'amore tra Gianni Brera, principe ancora oggi insuperato dei giornalisti sportivi, e il Genoa, prima squadra di calcio italiana fondata nel 1893. In sei mesi di intenso lavoro, Berlingheri si è trasformato in «topo di biblioteca», scovando le tracce del rapporto tra il giornalista e il Club ligure, sbocciato quando il futuro cronista era ancora adolescente, a ridosso della II Guerra Mondiale, capitato nella «tana» del Grifone per seguire il fratello Albino il quale per lavoro e matrimonio (aveva sposato una sarta con bottega in città) si era trasferito a Genova. Ma come è nata l'idea di comporre una tesi di laurea sulla fede calcistica di Gianni Brera? «In realtà - spiega Federico Belingheri che confessa di essere tifoso della Sampdoria - il progetto iniziale era quello di raccontare i resoconti breriani dei derby Geoa-Sampdoria, articoli che, per stile e contenuti, erano testimonianze importanti e preziose delle due anime calcistiche di Genova e dellabilità con cui Brera riusciva a descriverle. Però il materiale era davvero scarno. Brera, infatti, seguì solo tre partitissime. Da qui l'esigenza di ampliare il raggio dazione della ricerca, intercettando i segnali, espliciti o nascosti, della fede calcicistica rossoblù di uno dei più grandi giornalisti e scrittori italiani del Novecento». Ed ecco che, spulciando gli archivi dei quotidiani che hanno ospitato le epiche cronache sportive uscite dalla penna di Brera, ma anche i libri di o sul giornalista, nato a San Zenone al Po (Pavia) e scomparso per un incidente stradale nel dicembre del 1992, a 73 anni, Berlingheri è riuscito a ricucire il filo rosso (ma è meglio dire rossoblù) di un amore viscerale e profondo del burbero «Giôann» per i «grifoni». Un tifo nato e cresciuto dal «bacillo» contratto, come lo stesso Gianni Brera racconta in un suo libro a in alcune interviste, durante le sue visite giovanili a Genova, fatte di mangiate nei ristoranti sulle due sponde di Bisagno, tour nei locali e nei bar frequentati da tifosi, giornalisti e calciatori. Ma la dichiarazione damore per il Genoa più evidente resta quella dellintervista al Guerrin Sportivo datata 4 ottobre 1976. La tesi di Berlingheri la riporta in modo testuale. Alla domanda di esprimere il suo giudizio sulle squadre genovesi Brera risponde: «Io amo il Genoa, lo sanno tutti», mentre quando è chiamato a commentare la figura di Lolli Ghetti, allora presidente dell«odiata» Samp, ammette: «Non lo capisco, però come tifoso del Genoa non posso avere in simpatia la Sampdoria». Dichiarazioni che non lasciano spazio a dubbi sulla fede calcistica del giornalista «Gran Lombardo».
Dalla tesi di Berlingheri emerge il «solito» Brera, con la prosa inimitabile dello scrittore colto in materia umanistiche (appassionato di storia e etnologia si era laureato in Scienze Politiche a Pavia) che riesce, per primo, ad usare con disinvolta eleganza, dialetto ligure, lombardo e latino antico, in un mix unico. Traspare anche il tifoso che si esalta o morde il freno a seconda che il Genoa perda o vinca, attraversi una buona stagione o precipiti nel purgatorio della B. Sullo sfondo resta la passione di Gianni Brera per la Liguria, che lui, «lombardo con antichissimi ascendenti ligustici», riconosce come il luogo del cuore e del cervello (alcuni suoi romanzi furono scritti nella casa di Monterosso), e anche della gola con le immancabili citazioni di mangiate a base di pesci, carni e sciacchetrà. Ora la tesi di Berlingheri interessa anche la Fondazione Genoa.
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