nostro inviato a Duisburg
Grandi centravanti crescono. E promettono di incendiare il mondiale di Germania con i gol che arrivano come saette dalla Spagna e dallEcuador a rendere meno banale questo mese di giugno santificato al dio pallone. Il centravanti della porta accanto di casa Italia è Alberto Gilardino, un piemontese di buone maniere e di buona famiglia, uno che ripete come una cantilena il suo «è normale» quasi volesse fare il verso al primo Totti e che si accorge in tempo della mina sistemata sotto una domanda che chiede conto delle truppe italiane in Irak. «Sappiamo che ci vedranno, vogliamo fare bella figura anche per loro. Combattono ogni giorno per lItalia». E da Nassirya arriva la replica: «Sono parole che ci riempiono di gioia e dorgoglio - dice il portavoce del contingente italiano, il colonnello Stefano Tirino -. Sia noi qui in Irak sia tutti i militari impegnati in diverse parti del mondo. Vediamo sempre le partite: la speranza è che i nostri arrivino più lontano possibile».
Poi Gilardino torna al mondiale e alla passione intorno alla squadra: «Labbiamo procurato noi questo entusiasmo che cè ora sul conto della Nazionale e dobbiamo conservarlo giocando sempre così». Per segnalare il filo azzurro che tiene legato tutto il gruppo dai giorni amari dello scandalo fino allo sbarco di Hannover contro il Ghana e al recupero del tricolore per le strade. Giocare sempre così, allora, con il gol in testa, come succede da altre parti del torneo dove altri giovani bomber crescono e si fanno strada. «Mi hanno impressionato i due ragazzi della Spagna, Villa e Fernando Torres, gli argentini Crespo e Saviola non sono una gran novità e nessuno si illuda che questo sarà il Brasile di sempre, tutti se lo aspettano stellare e se appena risulta normale, arrivano le critiche». Il primo bilancio in fatto di attaccanti vecchi e nuovi firmato da Alberto Gilardino da Biella, 23 anni, sembra scritto con linchiostro di china di un maturo cronista e non invece con linnocenza di un debuttante che si ritrova lanciato verso traguardi al momento indecifrabili. «Se penso che con me si allenano Iaquinta e Inzaghi, oltre a Toni, beh allora si può proprio dire che ciascuno di loro troverebbe un posto da titolare in qualsiasi nazionale, specie in quelle che non dispongono di un attaccante in gran forma» aggiunge il Gila. E vuole essere un complimento riservato ai suoi sodali che sono a Duisburg, Toni e Inzaghi in particolare, uno alle prese con i suoi tormenti di mercato, laltro con lastinenza da partita che è una malattia che lo rode dentro secondo dna.
Adesso che sta bene, «mi sento in forma», che gioca per la squadra e con la squadra, al Milan come in Nazionale, forse Gilardino può cominciare a crescere e pensare anche a se stesso, non solo al bene collettivo, ad abbassarsi dinanzi allo sberlone di Pirlo contro il Ghana, «altrimenti mi avrebbe portato via la testa», a ritagliarsi insomma uno spicchio di gloria. «È vero, nellultimo anno ho cambiato stile di gioco e abitudini, ho imparato a convivere con un secondo attaccante, a integrarmi con il trequartista, eppure un pizzico di egoismo sano mi è rimasto appiccicato addosso, ma non mi sento ancora uno intoccabile, alla Totti, nonostante quei 7 gol in 16 partite che pure sono una buona media». A sentirlo parlare come un libro stampato, ci sarebbe da richiudere il taccuino e da aprire il microfono per intercettare i suoi pensieri nascosti e cogliere al volo qualche giudizio in libertà. E invece quando gli riportano della frase di Arena, il ct a stelle e strisce, beh, Gilardino pronuncia il fatidico «è normale» e procede con un «fa piacere» che toglie persino il gusto zuccherino di un riconoscimento solenne che qualcosa deve pur volere dire, al mondiale, mica al torneo amatoriale delle Langhe. Meglio allora riparare sui temi che lo riportano alla casa madre del Milan. «Shevchenko ha bisogno di tempo per recuperare» segnala ad esempio. «Il Real, con Kakà, si è comportato male» aggiunge come informato di tutto punto della vicenda. «È un grande piacere riavere Silvio Berlusconi presidente» spiega e forse anche lui pensa agli effetti del ritorno sul calciomercato.
Grandi centravanti crescono e consentono a questa Italia sbarazzina e un po sfacciata di giocare, in attacco, come mai era capitato prima. «Abbiamo tutti le stesse idee, siamo uniti anche in questo» chiosa Gilardino e par di capire che dietro la scelta coraggiosa di Lippi ci sia anche dellaltro, una sorta di generale conversione al calcio generoso e offensivo.
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