Più dell'arte contemporanea e dei diamanti, più degli orologi di manifattura e delle case a Sant Moritz, esiste un investimento finanziario capace di riunire in sé poesia, musica, sensualità e sicuro ritorno d'interessi, a condizione di essere virtuosi, almeno nella scelta dello strumento: parliamo infatti di violini.
Si tratta di un mondo a parte, elitario, dove «chi sa, sa». Tutto nasce in Italia, in poche botteghe e dalle mani di abilissimi artigiani che si tramandano l'arte di padre in figlio. Una volta ultimato lo strumento, il mercato privilegiato è quello ruggente di una certa globalizzazione: Tokyo, Shanghai, Hong Kong, Taipei e dintorni. Ma la storia incomincia a Brescia.
È qui che, alla fine del Cinquecento, il liutaio Gasparo da Salò costruì quello che possiamo chiamare il primo violino, passando così dalla realizzazione di liuti (suonati a pizzico) allo strumento ad arco, ancora oggi creato con minime variazioni tecniche rispetto ad allora. Nel secolo successivo fu però Cremona ad assicurarsi un ruolo cardine nella liuteria. Famiglie come gli Amati, i Ruggeri, gli Stradivari, i Guarneri portarono ad una perfezione mai più raggiunta l'arte di costruire violini: sono proprio gli strumenti di questi maestri che costituiscono ancora oggi il cuore della «borsa-violini» mondiale. Di Antonio Stradivari sono molto ricercati i rari pezzi autentici ancora sul mercato (quelli del suo primo periodo vanno da un milione a due milioni e mezzo di euro; uno Stradivari dei primi del Settecento, invece, vale due milioni e mezzo; si sale a cinque, sei milioni di euro per gli strumenti del suo periodo d'oro), mentre di Giuseppe Guarneri - detto «del Gesù» per l'abitudine di firmare la cassa armonica dei violini con la sigla latina «IHS» - si conoscono una sessantina di violini che vanno dai due milioni fino ai sei milioni di euro. Assicurazioni, banche, fondazioni, musei e privati si contendono ciclicamente questo ristretto numero di strumenti, dal momento che le rivalutazioni nel corso degli anni sono incalcolabili.
La morte di Antonio Stradivari nel 1737 e quella prematura di Giuseppe Guarneri segnarono l'inizio della decadenza della liuteria cremonese, nonostante restassero famiglie come Bergonzi, Storioni, Ceruti a tenere alto il nome della città, mentre il commercio si spostava però in altri luoghi. Torino, collegata al mercato d'Oltralpe, divenne un rilevante centro di liuteria: vi aveva lavorato anche Giovanni Battista Guadagnini, che grazie al sodalizio con il conte Cozio di Salabue (un ricco, eccentrico e velleitario collezionista che aveva fatto «shopping» acquisendo le forme originali di Stradivari, i suoi attrezzi, i disegni e tutto quello che poteva servire a capire come lavorava il maestro) riuscì a dar vita nell'Ottocento all'altra grande tradizione della liuteria italiana, quella cosiddetta «piemontese», che vede protagonisti Giovanni Francesco Pressenda e Giuseppe Rocca.
Anche altre città hanno avuto come Torino un ruolo importante: Napoli (la famiglia Gagliano, Vincenzo Postiglione, Vincenzo Sannino), Milano (Grancino, Mantegazza, Bisiach, Garimberti, Ornati), Venezia (con Domenico Montagnana, i Goffriller e Pietro Guarneri) e Mantova (Balestrieri, Pietro Guarneri di Mantova, Giuseppe e Stefano Scarampella). Cremona rientra in gioco nel 1937 con la grande mostra dedicata a Stradivari nel bicentenario della morte, voluta da Mussolini e Farinacci. L'anno successivo nacque in città anche la Scuola Internazionale di liuteria. Pochi anni dopo alcuni apprendisti liutai come Francesco Bissolotti (nato nel 1929) e Giobatta Morassi (nato nel 1934) si apprestavano a diventare leggende e a insegnare a diverse generazioni l'arte di creare violini e strumenti ad arco degni della secolare tradizione della città. È sugli strumenti di questi due maestri e dei loro migliori allievi che oggi si appunta l'attenzione di una fascia di investitori diversa dagli acquirenti di Stradivari e Guarneri (strumenti a cui spesso vengono dati soprannomi evocativi delle loro vicende: «Il cannone», per esempio, appartenuto a Paganini, è un potente Guarneri del Gesù del 1742, lo «Jussupov» è uno Stradivari del 1736, appartenuto al principe omonimo, ritrovato in un'intercapedine di Leningrado nel 1917, «The Irish» è uno Stradivari del 1702 comprato in Irlanda nel 1900).
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